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Fausto Veranzio

Veranzio Fausto3

Professione: Innovatore
Luogo: Dalmazia
Autore: Francesco Semi

Fausto Veranzio ( Sebenico, 1551 – Venezia, 1617 )

Glottologo, storiografo, politico, ingegnere esperto di fortificazioni, e letterato, Fausto Veranzio fu rappresentante della cultura enciclopedica che si stava diffondendo tra gli intellettuali del Seicento. Dotato di uno spirito innovativo e pratico, contribuì al progresso scientifico e tecnico.
Grazie allo stile chiaro e preciso dei suoi scritti, è considerato uno dei primi promulgatori della scienza.

Nacque a Sebenico, nel 1551, in una famiglia forse oriunda dalla Bosnia.
Studiò giurisprudenza a Padova, e laureatosi, all’invito dello zio reggente ungherese, passò a Buda, e subito dopo a Praga. Qui alla corte di Rodolfo II, dopo i soliti incarichi cortesi, essendo nominato comandante della fortezza Veszptim, entrò in contatto con le tecniche militari e prese dimestichezza con le macchine.
In seguito svolse diverse funzioni a Praga e a Vienna, e nel 1591 gli venne assegnato il castello e la signoria di Jablacz nella Herzegovina.
Nel 1594 morì sua moglie, e lui si ritirò in un monastero. Quasi subito venne eletto vescovo in partibus di Canadium, dove non potrà mai andare per l’invasione dei Turchi. Quindi si trasferì a Sagh e Lelesz, ricevendo dall’imperatore diverse nomine ecclesiastiche.

Spirito irrequieto, dopo un anno lasciò il seggio vescovile e si recò in Italia per continuare la vita di libero letterato. Realizzò una serie di opere filologiche, storiche e letterarie, e disegni delle sue invenzioni, stesi e tracciati nei viaggi tra Roma e Venezia. A Venezia attirò l’attenzione dei contemporanei, lanciandosi da un campanile con il paracadute di propria invenzione.

Nel 1595 a Venezia uscì il suo Dizionarium quiunque nobilissimarum Europae linguarum: Latinae, Italicae, Germanicae, Dalmatiae et Ungaricae, è uno dei primi lavori filologici del genere.
Qui per la prima volta venne figurato il lessico della lingua slava parlata in Dalmazia.
Nel 1606 a Roma pubblicò un libro in croato, Storia di alcune vergini valorose.
Il suo capolavoro è Machinae novae, addita declamazione Latina, Italica, Gallica, Hispanica et Germanica, dove con disegno perfetto espose le sue invenzioni.
Il libro, uscito a Venezia, probabilmente nel 1616, ebbe più edizioni e traduzioni, e le sue invenzioni ebbero diverse citazioni e riprese.

Nel 1616 pubblicò a Venezia, sotto pseudonimo, l’opera Logica nova suis ipsius instrumentis formata et recognita dove si presenta tempestoso assertore della lotta contro il luteranesimo che gli procurò critiche velenose da parte di Marco Antonio de’Dominis, e lo portò in contatto con Campanella.
In quell’anno, sembra per ragioni climatiche, abbandonò Roma per stabilirsi a Venezia.
Qui però si ammalò e muorì nel 1617.

Secondo il suo desiderio fu sepolto in una valle vicino a Sebenico, con il libro che scrisse nell’ultimo periodo della vita, Storia della Dalmazia.
Rimasero così inedite tre opere storiografiche: Storia della Dalmazia, Regular Cancelleriae Regni Hungariae, e storia delle Dodici Vergini Beate in dialetto dalmatico. Invece, il libro storiografico Illyrica historia, è andato perduto.

MachinaeSi tratta di 68 invenzioni.
Tra queste: modi di cuocere il pane senza forno, lessare carne senza pignata, orologi a sole, a fuoco ed acqua, dragaggi, impianti militari, macchine da guerra, ma anche ponte sospeso (ancora non costruito) e paracadute – l’idea alla quale venne anche Leonardo.