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October 12th, 2024
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Le Comunità ebraiche della Provincia del Carnaro

Silvia Bon

il problema della spoliazione dei beni…

Autore: Silvia Bon

Un ringraziamento particolare del CDM alla prof.ssa Silva BON, Presidente dell’Istituto di Ricerca della storia ebraica dell’FVG, che ci ha concesso di pubblicare questo suo ricco e dettagliato saggio-ricerca di grande interesse storico-civile, sulle famiglie ebraiche di Fiume e altre località del Quarnero. Riassunto. Sulla base di documentazione inedita, raccolta presso l’Archivio di Stato di Fiume (oggi Croazia), (Fondo Prefettura, Fondi delle Banche – in particolare Fondo Banca d’America e d’Italia, Cassa di Risparmio di Fiume) ho ricostruito problematicamente nel loro complesso le vicende delle Comunità ebraiche di Fiume e della Provincia del Carnaro, dalla fine degli anni Venti alla metà degli anni Quaranta del Novecento. Ho potuto così delineare le caratteristiche peculiari (esistenza di una Comunità ortodossa italiana e di una Comunità ufficiale), organizzazioni e strutture nei primi anni Trenta e quindi i passi della discriminazione delle leggi e delle vite negli anni della persecuzione fascista e nazista. In particolare ho evidenziato i documenti che riguardano le proprietà mobili ed immobili degli ebrei e che permettono di ricostruire i meccanismi della spoliazione dei beni, partendo dai rilevamenti e dai censimenti fascisti, premessa e pezza d’appoggio per il successivo annientamento così delle persone, come delle cose. ------------- Grazie all’incarico di ricerca affidatomi nell’anno 2000 dalla «Commissione per la ricostruzione delle vicende che hanno caratterizzato in Italia le acquisizioni di beni dei cittadini ebrei da parte di organismi pubblici e privati», istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ho potuto godere, tra l’altro, dell’opportunità di lavorare presso il Drzavni Arhiv u Rijeci, l’Archivio di Stato di Fiume, che risiede nel Park Nikole Hosta, 2. Ringrazio per la fiducia accordatami soprattutto la Presidente della Commissione, on. Tina Anselmi, nonché, tra i Commissari, il prefetto Antonio Farrace e il dott. Michele Sarfatti. In tale ambito di ricerca ho consultato il Fondo JU – 6 Rijecka Prefektura ed i Fondi delle banche operanti nella città negli anni della persecuzione fascista e nazista della Comunità ebraica locale. Questi ultimi per evidenziare i documenti che riguardano le proprietà mobili ed immobili degli ebrei e che permettono di ricostruire i meccanismi della spoliazione dei beni. La seconda missione, concordata con la Commissione, in particolare mi ha permesso di spoliare in termini accurati il contenuto di 20 buste del Fondo Prefettura, che ritengo fondamentale per ricostruire problematicamente nel loro complesso le vicende delle Comunità ebraiche di Fiume e della Provincia del Carnaro dalla fine degli anni Venti alla metà degli anni Quaranta. La letteratura in lingua italiana, ad oggi esistente per quegli anni, è, relativamente alla consistenza della produzione, non molto cospicua. Va senz’altro ricordato il lavoro pionieristico di Teodoro Morgani, Ebrei di Fiume e di Abbazia (1441 – 1945), Roma, Carucci 1979. Gli interessi degli storici si sono solo di recente rinnovati con il lavoro a più voci a cura della Società di Studi Fiumani e della Associazione per la Cultura fiumana, Istriana e Dalmata nel Lazio, Il tributo fiumano all’Olocausto, Roma, 1999. Ultimo, il saggio critico ed operativo dal punto di vista bibliografico, di Ester Capuzzo, La fine della comunità ebraica di Fiume, «Clio», anno XXXVI, n. 3 (luglio – settembre 2000). Ancora più recente la riproposizione sempre di Ester Capuzzo, Note in margine alla fine della comunità ebraica di Fiume, in «Fiume», Rivista di studi adriatici ( Nuova Serie), anno XXI, n. 3, gennaio-giugno 2001, n. 1 – 6. Alcuni scritti di Goffredo Raimo e Marco Coslovich hanno indagato con diversi approcci, nei primi anni Novanta, la figura e l’operato di Giovanni Palatucci, funzionario della Questura di Fiume, che avrebbe salvato molti ebrei dalla deportazione nazista ed è morto a Dachau, ucciso dai nazisti nel febbraio 1945. Attualmente si sono ripresi studi e ricerche per ricostruire in termini scientifici, il più possibile corretti, la vita del giovane nativo di Campagna, che comunque di recente ha ispirato anche opere filmiche e documentari, riconoscimenti ed onoranze pubbliche in Israele ed in Italia, precipuamente ad Avellino. Mi sembra opportuno precisare subito, a questo proposito, che forse la figura di Palatucci è stata sovradimensionata, in parte enfatizzata, da alcuni studiosi nel desiderio strumentale di ritrovare anche nel territorio, allora, prima italiano, e poi affluente nella Zona d’Operazioni del Litorale Adriatico, un omologo di Schindler o di Perlasca. Ad esempio, tra la documentazione che ho indagato, nessun accenno viene fatto al funzionario fiumano. Il totale silenzio su Palatucci mi sembra implicitamente significativo ed eloquente, anche se si potrebbe obbiettare che i campi operativi, Prefettura e Questura, sono diversi. Ma in realtà negli anni della dittatura fascista i due organismi erano generalmente molto vicini, soprattutto nella pratica indagatoria repressiva. Così accade almeno per il «caso Trieste» ; qui operavano di comune accordo, magari anche sulla base di indagini richieste o commissionate ai Comandi di carabinieri o ai funzionari comunali. A Fiume, i prefetti che si sono succeduti, a mio avviso, non avrebbero potuto ignorare, soprattutto nel periodo nazista, l’operato di un funzionario della polizia italiana, mentre effettuava il salvataggio di centinaia di persone, ferocemente ricercate, come allora lo erano gli ebrei. Ben vengano dunque nuove ricerche ed approfondimenti scientifici, per appurare una verità, che sembra importante riportare alla luce nella sua interezza. Comunque, riprendendo il filo interrotto, dato lo stato generale delle ricerche, ritengo che questo mio primo contributo, che ho intenzione di sviluppare ulteriormente in un successivo saggio monografico, possa costituire un ulteriore tassello, basato su fonti documentarie inedite, prefettizie e bancarie, utile a precisare i contorni delle vicende fiumane e quarnerine. E’ dunque possibile capire i problemi interni, a volte conflittuali della Comunità fiumana, divisa tra ebrei ortodossi ed ebrei riformati, attraverso documenti, reperiti nel Fondo Prefettura, della segreteria della Comunità e documenti, spesso frutto di indagini e controlli particolari, se non addirittura intrusivi, della Questura, della Prefettura, del Ministero dell’Interno. Direzione Generale dei Culti. Tali documenti (in specie i processi verbali) permettono di conoscere la composizione dei contribuenti della Comunità, attraverso le liste elettorali ( nei primi anni Trenta composte da 338 persone ), gli organigrammi dei membri del Consiglio, le personalità dei presidenti ( ricche di annotazioni politiche, ma anche socio  - economiche e private ), dei rabbini, dei commissari straordinari, l’ammontare della popolazione, stimata prima del censimento persecutorio del 22 agosto 1938 (nel 1935, 1100 persone, ma destinata ad aumentare per la presenza di fuggiaschi tedeschi ed ungheresi che riparano nella Provincia del Carnaro, a Fiume, Abbazia, Laurana, Mattuglie, Volosc) . Inoltre si ricostruiscono gli aspetti associativi, culturali, politici, che raggruppano in specie, ma non esclusivamente, i giovani. Si tratta del Circolo giovanile ebraico, che si denomina più tardi Circolo di cultura ebraico, teso appunto a rendere viva la conoscenza della cultura e della lingua ebraica, a diffondere il pensiero sionista, ad affrontare i problemi e le prospettive più generali dell’ebraismo negli anni Trenta. Ma la fotografia documentale del Direttivo, lo Statuto, l’elenco dei soci, le attività ( organizzazione di conferenze, gestione di una biblioteca, corsi di lingua ebraica, di ginnastica, trattenimenti e riunioni, di cui danno notizia anche i quotidiani locali ) è raccolta in un fascicolo che parte sin dalla metà degli anni Venti, per concludersi nel settembre 1939, con la chiusura del Circolo, che materialmente lascia i locali della sede, affittati al subentrato Presidio militare . La caratterizzazione peculiare della Comunità ebraica di Fiume è data dalla presenza massiccia, numericamente in termini assoluti e percentuali rilevante, di ebrei considerati dalla normativa razzista fascista «stranieri», fin dal 1938. Perciò le pratiche di revoca della nazionalità italiana, a quanti ne avevano fatto domanda dopo il termine fissato nel 1° gennaio 1919, sono ricorrenti e molteplici (e implicano una fitta corrispondenza tra Prefettura e Ministero dell’Interno. Direzione Generale per la Demografia e la Razza, oltre che la stesura di elenchi diversi e dettagliati, che segnalano chi ottiene l’annullamento della revoca di cittadinanza, distinguendoli da chi ottiene parere contrario o dubbio). Assieme a queste la burocrazia esamina le domande di permanenza nel Regno, di reintegrazione della cittadinanza italiana e tutti questi fascicoli si intrecciano con le pratiche che richiedono la «discriminazione», il riconoscimento di «non appartenenza alla razza ebraica» e l’autorizzazione a contrarre matrimoni con persone di nazionalità straniera . Risulta centrale, ancora una volta, nella storia della persecuzione razziale fascista l’attuazione del censimento del 22 agosto 1938, che nella Provincia del Carnaro sembra di fatto assumere aspetti, peculiarità, funzioni assolutamente «esemplari». Forse anche la presenza sovrintendente del prefetto Temistocle Testa è all’origine e chiarisce la durezza della ricaduta e dell’applicazione delle leggi italiane, per il suo indirizzo integralista, fortemente ideologizzato. Vengono redatti numerosi elenchi, che partono da quello «matrice» (e fondamento di tutte le indagini successive) dell’agosto 1938. L’elenco del 22 agosto 1938 comprende 405 fogli, in cui gli ebrei di Fiume sono segnalati con i loro dati anagrafici, ma anche con indicazioni precise sulla loro condizione economica. Infatti annotazioni ulteriori specificano per ciascuna persona il possesso (oppure il non possesso) di beni immobili, di attività commerciali e/o industriali, ed in generale lo stato di benessere pecuniario, oppure lo stato di nullatenenza. La stigmatizzazione prevede l’uso di termini che differenziano gli indagati tra «ebrei apolidi», «ebrei stranieri», «di razza ebraica», coniugati (e stato della parentela) con «ebrei». Due liste successive raccolgono i nominativi degli ebrei presenti a Fiume il 22 agosto. Si tratta di altre 53 persone raccolte in elenchi, che prendono il nome, sull’incartamento, di censimenti suppletivi. Da questa prima corposa (e generale) indagine a tappeto, si susseguono scritturazioni di elenchi sempre più dettagliati e specifici, che raccolgono dati mirati ad individuare i possessori di ditte ebraiche ed il «genere di occupazione», cioè il ramo di attività in cui si esplica il loro lavoro, che va, citando a caso o per tipologie, dal commercio al minuto di mercerie, all’agenzia d’affari, alle società di trasporti, all’artigianato. L’elenco in questione, stilato in ordine alfabetico, comprende 71 persone. L’elenco che accorpa i liberi professionisti segnala il nome e cognome, la paternità, la maternità, il luogo e data di nascita, lo stato civile, il grado di parentela, la cittadinanza, la professione (ad esempio, ingegnere edile, veterinario, medico chirurgo, procuratore legale, ecc.), l’abitazione (cioè l’indirizzo), le annotazioni (che per gli ebrei fiumani consistono nella precisazione del momento da cui parte la residenza in Italia, cioè dalla nascita o da una data precisata, antecedente, fin dagli ultimi anni dell’Ottocento, o posteriore, al gennaio 1919. Le persone di questo elenco ammontano al numero di 26. Un altro elenco individua quelle che vengono definite come persone occupate nelle «Attività economiche». In realtà si tratta di dirigenti d’azienda e industriali (tra cui direttori di Società di navigazione, di Case di spedizioni, di banche, di commercio all’ingrosso, ecc.), 36 in tutto. Un successivo elenco individua gli ebrei occupati negli Enti Pubblici e Parastatali. In questo caso ai dati dettagliati, raccolti secondo lo schema indicato, lo spazio «Annotazioni» riporta il ruolo svolto nei singoli Enti, che può essere dirigenziale (ad esempio, nel Ministero dei Lavori Pubblici, nella Regia Prefettura, nell’Ospedale Civile), ma anche meno prestigioso (così sono segnalati tutti gli insegnanti, a partire dai maestri della Scuola elementare, segretari, supplenti). Sono racchiusi in questo elenco, di 31 nominativi complessivi, anche due militi della Milizia volontaria sicurezza nazionale e tre rabbini della Comunità israelitica. L’indagine socio – economica si completa con l’elenco dei proprietari di fabbricati «di razza ebraica colpiti dal provvedimento», 19 nominativi in tutto. L’analisi persecutoria, minuta e dettagliata, si compendia in una relazione di tre cartelle, che traccia uno spaccato socio – economico, che raggruppa i dati analitici che colpiscono gli ebrei, confrontandoli con quelli generali degli abitanti della città di Fiume, e producendo le specifiche percentuali. Si tratta dunque di una breve sintesi, che elabora i dati raccolti dal censimento (e comunque già suddivisi in elenchi specifici, che «normalizzano» attività, gradi e ruoli sociali giudicati affini dalla mentalità dell’operatore fascista, come si è detto). A mio giudizio si tratta di un documento molto importante, perché, oltre a colpire gli ebrei «stranieri», immigrati dopo il 1919, che, si annuncia, saranno allontanati da tutti i settori della vita pubblica, nella quale risultano inseriti, raccoglie in termini concisi, molto concreti ed «incalzanti» le notizie indagate sulla Comunità ebraica  locale. Il quadro che così si crea conta 1.514 ebrei su una popolazione computata di 57.200 abitanti, il 24,33/1000 della popolazione. 307 (il 18,86/1000) hanno un documento di  residenza posteriore al 1919. Il prospetto allegato conta le licenze commerciali ( 206 su 1.100 ) in possesso di ebrei, cioè il 19/100 delle ditte, dato destinato a ridursi al 15/100 ( corrispondente a 162 ditte ) con l’allontanamento degli ebrei immigrati.10 sono gli ebrei che esercitano commercio ambulante su 165 commercianti ambulanti, pari al 6,06/100. Le aziende industriali di proprietà di ebrei ammontano a 18, su un totale di 235 aziende, pari al 7,70/100. Su 679 artigiani, 52 sono ebrei, con una percentuale del 7,50/100. Liberi professionisti ebrei sono 26, su 257, con una percentuale del 10/100. Gli studenti allontanati dal mondo della scuola sono in totale 188, così suddivisi: 53 scolari, 116 studenti delle scuole medie, 19 studenti universitari. Il prospetto raccoglie omogeneamente le attività affini, le conta numericamente, le raffronta con i dati generali della città, dividendo tra Enti pubblici, Attività commerciali, Attività industriali, Società trasporti terrestri e marittimi, Assicurazioni e Credito, Artigianato, Liberi professionisti, e ulteriormente tra ruoli di proprietari, dirigenti e dipendenti, ricoperti all’interno delle specifiche attività . Analoghi (complessi) elenchi del censimento del 22 agosto 1938 sono redatti per il Comune di Abbazia, e comprendono le persone censite suppletivamente a questa data e quelle immigrate posteriormente ( su 346 persone in totale, restano 159, perché 187 devono lasciare il Regno ). Un ulteriore elenco di 53 persone, «capi famiglia risultanti israeliti dal censimento…e venuti in Italia dopo il 1° gennaio 1919» raggruppa i proprietari di stabili, aziende e attività economiche in genere, residenti ad Abbazia, con le indicazioni specifiche della cittadinanza, dei beni loro intestati o delle attività economiche svolte . Notizie estremamente dettagliate, curricula dattiloscritti fin di 10 – 15 righe, sono stilate dal Comune di Abbazia come elaborazione dei dati del censimento. Ad una «descrizione» della «situazione degli ebrei nelle cariche pubbliche, politiche, amministrative e sindacali; nelle attività commerciali; nel commercio ambulante; nelle attività industriali» ( in cui 59 persone, uomini e donne, sono schedati in base alla loro religione, nazionalità, possedimenti e stato economico ) segue una attenta statistica. Essa raggruppa la Comunità suddividendola, questa volta, numericamente e in rapporto con la società nel suo insieme. Oltre ai dati degli ebrei occupati nelle cariche pubbliche, politiche, amministrative e sindacali ( per la precisione un solo ebreo ricopre cariche sindacali ), per le attività commerciali i funzionari applicano meccanismi di diversificazione assai specifica. Annotano le licenze concesse agli ebrei, confrontandole con il totale delle licenze, e gli ebrei «addetti», cioè occupati, per gli esercizi pubblici, l’abbigliamento, le gioiellerie, i generi alimentari, le drogherie, i generi di monopolio, «diversi» (attività commerciale non meglio precisata), alberghi, pensioni e case di cura, commercio ambulante. Per le attività industriali suddividono in fabbriche di conserve alimentari, fabbriche mobili, trasporti, panifici, bagni pubblici marini, studi fotografici, sartorie. Per l’artigianato risultano due categorie: le botteghe di sarto, e quelle di tappezziere e materassaio. Per le libere professioni si distinguono i medici e i dentisti dagli ingegneri e geometri. Conclude il numero dei possidenti e benestanti, ed infine un riassunto generale che su un totale di 508 licenze o attività di categorie, fa risalire a 99 gli intestatari ebrei, a 5 quelli «di razza mista», a 35 gli «addetti» . Anche per gli ebrei del Comune di Laurana vengono stese minuziose distinte. Il censimento descrive le condizioni economiche degli ebrei schedati, di cui 10 sono da considerarsi stranieri. Tra questi ultimi 6 possono rimanere in Italia; 2 stranieri residenti all’estero hanno beni nel Comune. Il censimento fa distinzione tra «ebrei» e «mezzosangue», secondo indicazioni legislative ispirate a principi biologici razzisti. 34 sono gli appartenenti alla «razza ebraica», di cui 21 dovranno abbandonare il Regno. Gli apolidi (maschi) residenti in Laurana sono in numero di 4. Tra gli ebrei stranieri residenti, 4 sono iscritti nel registro della popolazione stabile, 7 della popolazione fluttuante . Inoltre anche il podestà di Laurana stila un elenco «degli ebrei nelle attività commerciali e industriali» e lo accompagna ad una tabella statistica che fotografa la «situazione numerica proporzionale sugli esercenti israeliti residenti». Al ramo di attività individuato (commercio, industria, professionisti, senza professione) segue la «specie»: alberghi e pensioni, affittacamere, abbigliamento, frutta e verdure, chincaglierie, rappresentanti commercio, esercizi pubblici; autorimesse; medici; benestanti . I dati raccolti nel censimento del 1938 vengono continuamente elaborati ed aggiornati negli anni successivi, specie dopo l’entrata in guerra dell’Italia, quando si registra un rinnovato interesse per la «questione ebraica». Così l’ «Elenco generale degli appartenenti alla razza ebraica residenti nella provincia del Carnaro (Fiume, Abbazia, Laurana, Volosca), in data 27 novembre 1941» risulta ammontare a 1.362 persone. Si indaga, per il Comune di Abbazia, tra gli ebrei stranieri residenti e gli apolidi e si formulano cartelle ricche di annotazioni sulle convivenze e composizioni familiari. Gli ordini esecutivi di precettazione civile al lavoro passano attraverso la composizione di elenchi che raggruppano le donne ebree, nate tra il 1907 e il 1925, residenti a Fiume, Abbazia, Laurana, distinguendole dalle apolidi e dalle straniere, in un numero ultimativo complessivo di 95. Gli ebrei maschi precettabili risultano essere, assieme agli apolidi, 76, tra cui sono distinti un maestro di religione, un ingegnere, un architetto. Così si assecondano le richieste del sottosegretario di stato del Ministero dell’Interno, Albini, del giugno 1943, che ingiungevano appunto di dare un resoconto separato per le diverse categorie, allargando i dati anche per i medici, i «tecnici agricoli», e tutti quelli (proprietari, conduttori, mezzadri, lavoratori) partecipanti alla produzione agricola. Il telegramma in questione, a queste distinzioni, riporta le annotazioni a mano «nessuno», scritte evidentemente dai funzionari fiumani. Comunque, in data precedente, risalente all’aprile dello stesso anno, il prefetto Testa compila una scheda che evidenzia in termini statistici il numero di coloro che hanno presentato denuncia (216 uomini; 359 donne); di coloro che sono dispensati temporaneamente (11 uomini; 30 donne); di coloro che sono avviati al lavoro, definitivamente e nella stessa provincia (49 uomini; 32 donne). Le osservazioni a margine precisano che molti dei denunciati sono poi stati internati . In settori diversi operano i divieti di forniture degli uffici statali, parastatali e di enti pubblici presso ditte di ebrei; la messa in congedo degli ufficiali militari e degli impiegati negli uffici statali. Inoltre a Fiume viene organizzato un attivo «Nucleo per il problema ebraico», affine ai vari Centri per il problema ebraico, che sorgono in varie città italiane, come Trieste, Ancona, Firenze, Milano . Nel 1940 si pone la questione del rimpatrio dei connazionali liberati dai «campi di concentramento» ( sic! ), cui il Comune di Clana dà esito negativo e informa la Prefettura di Fiume . L’azione persecutoria, negli anni di guerra, come si è detto, si incattivisce vieppiù, e così si leggono gli elenchi di 11 persone, cui sono sequestrati gli apparecchi radio, con i relativi libretti di iscrizione, e di altre 443, ai cui nominativi seguono annotazioni di residenza, abitazione, e possesso o non possesso, o requisizione dell’apparecchio radiofonico . Da una analisi superficiale di questi documenti, più sopra descritti sinteticamente e citati, appare chiaramente come l’operato della burocrazia,  dei funzionari, degli impiegati, e delle autorità fasciste (podestà, questore, prefetto) fosse flessibile rispetto alle realtà diverse esistenti nel microcosmo della Provincia del Carnaro. L’individuazione di categorie sociali e lavorative diverse, via via trova un aggiustamento formale (ma anche con ricadute sostanziali) nella fantasia ordinatoria degli elaboratori fascisti e nella realtà contingente delle Comunità ebraiche. Da qui nasce l’estrema attenzione per gli «ebrei stranieri», ad esempio quelli ungheresi, parte cospicua della Comunità di Fiume (sono individuati 150 nominativi) come di Abbazia (qui gli elenchi tengono conto dei beni denunciati dopo il censimento del 1938 ). Ma non basta: esiste ancora un elenco in doppio, copiato da un elenco dato dal questore al prefetto, in cui, in 30 fitte cartelle, sono segnalate 130 famiglie, cioè il capofamiglia, più la moglie e gli eventuali figli. In evidenza la data d’inizio della residenza in Italia (frequenti i casi di quelli che giungono a Fiume in seguito alle persecuzioni razziste in Europa, e non si tratta solo di ebrei ungheresi, ma anche polacchi, austriaci, fermatisi a Fiume nel 1938 alla ricerca di un rifugio precario) e l’attività lavorativa . Certo in questa congerie di pratiche, elenchi, divisioni e suddivisioni, che sezionano la Comunità ebraica della Provincia del Carnaro, risultano particolarmente agghiaccianti gli elenchi stesi dal Comune di Fiume nel novembre 1943 (68 le persone così segnalate, contrassegnate oltre che dai soliti dati anagrafici, anche da notizie politiche, sull’eventuale internamento, relazioni col PNF, «condotta politica», «condotta morale», attività lavorativa e situazione economica più o meno abbiente) e dai Comuni di Abbazia (57 persone), Laurana (18 persone), Mattuglie (1 persona) nel febbraio 1944 . Si visualizzano in questo modo gli strumenti persecutori messi al servizio dell’occupante nazista nell’ormai costituito Adriatisches Kustenland. Non ci sono dubbi sull’uso che i tedeschi fanno di questi lunghi, ben specifici elenchi ai fini della «soluzione finale del problema ebraico». Anche la memoria, recuperata attraverso un’intervista, di un’ebrea fiumana, Maddalena Werczler, di origine ungherese, il cui nome più volte compare negli svariati elenchi fascisti, assieme a quello dei suoi familiari, può costituire materiale prezioso per la ricostruzione delle vicende fiumane. Precettata adolescente ed addetta in un primo momento a umilianti lavori di pulizia al macello comunale, situazione questa che provoca la reazione indignata dei suoi concittadini, tenta dopo l’8 settembre 1943, assieme alla famiglia, la fuga in Svizzera. Colpita per due volte dal refoulement al confine, ripara a Firenze, dove cerca in qualche modo di sopravvivere, provvedendosi di documenti falsi. Al terzo tentativo, da Milano, si salva nella Confederazione Elvetica. Oggi è iscritta alla Comunità ebraica di Trieste, che attualmente sta recuperando e ritessendo i rapporti con la vicina Comunità di Zagabria, da cui dipende anche quella fiumana, composta comunque da persone sopravvissute alla Shoà altrove, e poi insediatesi appunto a Fiume. La Comunità della Provincia del Carnaro, qui residente negli anni Trenta, è stata spazzata via dalla violenza delle persecuzioni fascista e nazista. Per quanto riguarda la questione economica dei beni ebraici, mobili ed immobili, e specificatamente le attività professionali ed in generale lavorative, tali da permettere un sostentamento autonomo da parte dei titolari, negli anni 1938 – luglio 1943, corrispondenti ad una più precisa promulgazione di leggi, circolari, normative da parte dei dirigenti dello stato dittatoriale fascista, bisogna far riferimento alla parte documentaria rinvenibile nei Fondi delle banche. Ma anche molteplici sono le citazioni di documenti, reperibili nelle buste, specificate in nota, del Fondo Prefettura, e comunque da me posseduti in fotocopia, che si riferiscono al problema specifico della spoliazione dei beni. Tali documenti sono prodotti dalla burocrazia fascista, sotto la supervisione del prefetto Temistocle Testa (dal 20 febbraio 1938 fino al 1° febbraio 1943) e di Agostino Podestà (collocato a riposo per ragioni di servizio il 20 agosto 1943). Si tratta di risposte esecutive a ordini ministeriali, ma anche di iniziative personali, motivate da eccesso di zelo o piuttosto da condivisione incondizionata dell’ideologia razzista e di difesa degli «interessi» dello stato. La tipologia dei documenti presi in esame risponde ad una mentalità ordinatoria, per cui sono soprattutto i lunghi, diversificati elenchi, ripetutamente rinnovati in una ricerca, direi ossessiva, di esaustività e completezza, a fornire informazioni, oltre che personali, anagrafiche, anche sullo stato economico e sociale degli indagati. In questo caso l’uso dei documenti diventa piuttosto complesso, si perde in rivoli che sembrano minuziosi, in annotazioni a volte scarne e minute, ma l’utilità, ai fini della ricerca specifica, sembra comunque importante, anche se prevede una lettura diversa, che assembli i dati fruibili, oggetto di interesse. Mettere in interrelazione le varie informazioni raccolte permette di ricostruire un quadro socio – economico della Comunità ebraica della Provincia del Carnaro complesso ed articolato, che può costituire anche lo scheletro di una ricerca che risponde a domande più ampie o altre, rispetto a quelle squisitamente economiche. Mancano documenti che trattino in forma discorsiva il «problema ebraico» e in particolare la questione economica negli anni della dittatura fascista, se si eccettua una serie compatta di quattro documenti, per la precisione telegrammi cifrati, redatti dal prefetto Testa nella prima metà del settembre 1938, ed inviati al Ministero Scambi e Valuta e al Ministero dell’Interno Gabinetto e Direzione Generale PS. I telegrammi, che portano lo stesso numero 2993 e sono scritti in successione temporale giornaliera, dal 10 al 14 settembre, sono raccolti in un fascicolo «Pro – memoria», indirizzato al capo della polizia Bocchini – Ministero Interni – Roma, su carta intestata del prefetto. L’oggetto è l’ «Asportazione all’estero di valuta da parte di ebrei» . Il tono generale dei documenti è fortemente inquisitorio. Innanzitutto l’iniziativa del carteggio parte da Fiume. Al primo telegramma – lettera risponde immediatamente il capo della Polizia, a stretto giro di posta, dato l’interesse dell’argomento trattato. Il prefetto Testa fa riferimento, inizialmente, «agli ulteriori provvedimenti per gli ebrei» e si dice “preoccupato della particolare situazione di questa zona dove la percentuale è fra le più alte d’Italia mentre sono moltissimi quelli venuti nel Regno dopo il 1° gennaio 1919 che posseggono beni patrimoniali et sono in condizioni agiate”. Annuncia di aver conferito riservatamente con i direttori delle banche «per essere informato eventuali movimenti et eccezionali prelievi depositi», nella previsione che «chi ha depositi alle banche cerchi ritirarli prelevando anche dalle cassette sicurezza titoli preziosi o valuta estera». Dal momento che i proprietari di stabili e di immobili hanno iniziato trattative per alienarli, il prefetto precisa di aver già raccolto un elenco esatto di tutte le proprietà di stabili e aziende, nonché delle attività economiche degli ebrei «per poterli far seguire riservatamente in caso di possibili alienazioni». A scanso di eventuali, possibili fraintendimenti aggiunge «Tutto questo però a puro scopo cautelativo in attesa di disposizioni al riguardo». Un ulteriore fattore, ritenuto dal prefetto di notevole importanza, è quello dell’asportazione di valuta, titoli e preziosi all’estero, più specificatamente nel vicino Regno di Yugoslavia. La preoccupazione del funzionario è tanto viva da fargli proporre di «emettere, ove non ostino speciali difficoltà, una valuta che abbia corso soltanto per l’Estero» in modo da evitare un «esodo eccezionale» o da «impedire l’incremento al di là del confine della cosiddetta borsa nera che possa incettare valuta italiana specie quella di piccolo taglio contrabbandata». Nello scambio di missive, che segue a questa prima forte segnalazione del prefetto, Testa precisa di aver riferito al Governatore della Banca d’Italia i suoi sospetti e di aver contattato i rappresentanti della Banca d’Italia e tutti i direttori degli istituti bancari della provincia. Questi ultimi, dopo aver accennato alla richiesta di un milione e mezzo di lire in biglietti di piccolo taglio, somma ritenuta come una «richiesta normale», rispondono negativamente all’iniziativa del prefetto, opponendo l’ordine ricevuto dai propri direttori generali «di non dare notizia alcuna sui prelievi». Testa non si dà per vinto, tiene fermi i suoi ordini, per avere la possibilità di segnalare prelievi straordinari. Pertanto conferisce con il direttore della Banca d’Italia di Fiume, che promette una rigorosa applicazione delle norme prefettizie. Inoltre il prefetto richiama «severamente» il comandante interinale Divisione Finanza, affinché vigili e risponda dei controlli sulle piccole imbarcazioni nella zona franca prospiciente al porto. Alcuni ebrei così vengono saltuariamente perquisiti, tra i moltissimi possessori ( circa 50.000) della tessera di frontiera. Nel telegramma – lettera del 12 settembre, esemplifica accertamenti svolti ad Abbazia «a certo Kungler», trovato in possesso di 50.000 lire, di preziosi ed oro, e informa il Ministero di piccole vendite e di «forti alienazioni che ammonteranno indubbiamente a parecchi milioni». Testa richiede a Roma, esplicitamente e con forza, «disposizioni in proposito» e precisa di aver già da giorni distribuito agli organi di controllo locali elenchi di persone ebree, sospettabili. Prevede tutte le possibili vie d’uscita, percorse o percorribili dai perseguitati, come il «pagamento di debiti inesistenti ad ariani per guadagnare il tempo necessario per trasportare dopo la valuta all’estero». Propone l’introduzione di un provvedimento che «prescriva la preventiva autorizzazione per tutti i residenti nel Regno ad acquistare proprietà di ebrei, o perlomeno la denuncia» dell’operazione. L’insistenza inquisitoria del prefetto trova risposta nella riunione del 14 settembre 1938, da lui indetta, cui partecipa l’ispettore superiore della Dogana. Si confermano le apprensioni per la delicata situazione e per la vigilanza della frontiera e si richiedono disposizioni «per un collegamento tra Istituti Bancari et Banca d’Italia et organi preposti vigilanza». Il prefetto lamenta che le banche si siano limitate a richiedere l’ «elenco nominativo di ebrei che abbiano depositi in valuta», evidentemente eccedenti i limiti consentiti dalle ultime normative. Si conforma ed approva la nota di Bocchini, che parla di un forte afflusso di lire italiane in Svizzera, e pertanto richiede ancora una volta a chiare lettere «un’opera di prevenzione dando subito disposizioni chiare per quello che sia il contegno da tenersi nei riguardi della consegna dei valori depositati presso le Banche». Praticamente Temistocle Testa chiede di cancellare il segreto bancario e di introdurre quanto prima severi provvedimenti e misure di controllo per quanto riguarda le «eliminazioni patrimoniali ed acquisto preziosi» da parte di ebrei. Le preoccupazioni inquisitorie, in materia di «beni ebraici», del prefetto fascista, così chiaramente e violentemente espresse già nel settembre 1938, trovano esplicita e concreta applicazione dopo l’8 settembre 1943 nella Repubblica Sociale Italiana. Specificatamente il decreto legge di Mussolini del 4 gennaio 1944, che attraverso il Ministero delle Finanze. Direzione Generale per il Personale e gli Affari Generali, passa ai capi delle Provincie, agli intendenti di Finanza, all’Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare ( EGELI ), ha per oggetto «Beni ebraici» e riguarda le «modifiche alle disposizioni relative ai beni ed all’attività delle persone di razza ebraica», in materia di confisca di beni mobili ed immobili. Nella regione nord – orientale la situazione è complicata ed aggravata dalla istituzione dell’Adriatisches Kuestenland, di cui fa parte anche la Provinz Quarnero in Fiume, retta da un deutsche berater, che risponde agli ordini del supremo commissario Rainer, residente a Trieste. Così da un lato si attivano i funzionari della RSI, che applicano il decreto legge del gennaio 1944. Ad esempio si rintracciano carteggi di corrispondenza documentale tra l’Intendenza di Finanza di Firenze e quella di Fiume, in data 28 gennaio 1944, per accertare il patrimonio immobiliare «rimasto in libera disponibilità» di cittadini italiani «di razza ebraica», costituito da fabbricati e appartamenti posseduti in Firenze e in Fiume, ricostruendo pratiche accertate dall’Ufficio Tecnico Erariale di Firenze, in data 30 giugno 1940. Tra l’altro l’intendente di Fiume, L. Matarazzi, chiede al prefetto «un elenco degli ebrei di questa Provincia onde dare la possibilità allo scrivente di ottemperare a quanto disposto col succitato decreto legislativo» . Ma già ai primi di aprile 1944 il prefetto Alessandro Spalatin (avvocato, consigliere della sezione della corte d’appello di Fiume , in carica dal 29 ottobre 1943 fino all’aprile 1945, e succeduto al senatore Riccardo Gigante, nominato dalle autorità tedesche il 21 settembre 1943) comunica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri della RSI che «il Commissario Supremo per la Zona di operazioni del Litorale Adriatico ha avocato a sé la cura del patrimonio degli ebrei ed ha all’uopo istituito propri uffici». Il prefetto si dichiara dunque «non in grado di fornire le notizie richieste» in materia beni mobili, immobili, titoli, valori, debiti attribuibili a «persone di razza ebraica» . Allo stesso modo il prefetto risponde alle ingiunzioni dell’Istituto di Credito Fondiario delle Venezie. Sezione Gestione e Vendita Immobili EGELI e ai telegrammi del ministro Buffarini del maggio - giugno 1944 . Comunque le pratiche burocratiche avviate dalle Società per azioni, locate nella RSI (ad esempio la Compagnia Imprese Elettriche Liguri di Genova, l’ “Italcementi”. Fabbriche Riunite Cemento di Bergamo, la Montecatini. Società generale per l’industria mineraria e chimica di Milano) sono indirizzate al prefetto di Fiume «per ottemperare con la necessaria esattezza alla denuncia delle Azioni sociali intestate a nominativi appartenenti alla razza ebraica» e chiedono di voler trasmettere «una copia dell’elenco delle persone di razza ebraica residenti in codesta Provincia». Tanto che la Prefettura Repubblicana del Carnaro compila un modulo dattiloscritto che ha come oggetto l’«Invio copie elenco ebrei», per aderire alle richieste,ed invita a «versare a mezzo vaglia, intestato alla Prefettura Repubblicana di Fiume, la somma di £ 500 a titolo di deposito per spese di copie dell’elenco in oggetto che comprende circa 1.200 nominativi» . Ma il conflitto di interessi tra funzionari della RSI, che vorrebbero applicare il decreto legge del gennaio 1944, e l’occupante tedesco si delinea fin dalle prime battute. Ho rintracciato un documento tedesco, a mio avviso estremamente importante, perché ad esempio nel Fondo Prefettura Gabinetto dell’Archivio di Stato di Trieste non esiste, datato 27 aprile 1944 su carta intestata del deutsche berater, consulente germanico. Si tratta della risposta alla comunicazione del prefetto di data 28 gennaio 1944 ed ha per oggetto «Patrimoni di ebrei e di nemici. Provvedimenti per il sequestro». Il documento (tradotto dal tedesco) dice testualmente “Vi rendo noto che per quanto riguarda il patrimonio di ebrei e di nemici nelle Zone di Operazioni sono state emanate nostre disposizioni e che tutte le questioni relative verranno evase direttamente dagli uffici di Polizia germanici”. Il documento è firmato per incarico Dr. Rassmann e fa riferimento all’ufficio –sezione II/ Dr. R/ Ha/1729 . Quello che mi sembra notevole è lo stile diretto, la sicurezza con la quale il funzionario tedesco rivendica il proprio operato e ne dà notizia al prefetto, che risulta trovarsi nettamente in posizione subalterna, di fatto totalmente esautorato. Così ho rintracciato le minute del prefetto, temporalmente successive, del giugno 1944 e del gennaio 1945, dirette «Al Signor Consulente Germanico», aventi per oggetto la «Cura del patrimonio degli ebrei» . Si tratta di soli due documenti, ma da essi risulta ancora una volta chiaro il rapporto sbilanciato tra alleato – occupante e funzionari, di pur alto livello, della RSI. Nel Litorale Adriatico, e naturalmente nella Provincia del Quarnero, si applicano leggi tedesche. A questa situazione di fatto si adeguano le banche, come la Banca Commerciale Italiana. Succursale di Fiume e Agenzia di Abbazia, e il Banco di Napoli. Succursale di Fiume. Importante l’esteso documento, un elenco nominativo di ebrei con i relativi «Avere» espressi in lire, della Banca Commerciale Italiana, che dà i saldi al 29 febbraio 1944 dei conti correnti di corrispondenza, dei libretti a risparmio “nominativi”, dei conti con assegni a taglio fisso, dei fondi a disposizione, dei conti correnti in valuta estera, dei fondi a disposizione in valuta estera, dei titoli in deposito a “custodia”, delle cassette di sicurezza, e infine dei «Dare» . Anzi, nell’elenco trasmesso è incluso anche una ditta di proprietà di un cittadino italiano, a cui nel giugno 1944 viene tolto il blocco. Di ciò il prefetto informa subito il Consulente germanico, a dimostrazione, ancora una volta, di chi detiene il potere . Ancora, nel maggio 1944, il Banco di Napoli si rivolge al prefetto, perché intervenga con buoni uffici in favore degli interessi italiani e li faccia valere di fronte al supremo commissario Rainer. Si tratta di un contenzioso tra ditte, di cui una di proprietà ebraica, che non ha trovato ancora soluzione «benché all’esposizione verbale avessimo fatto seguire un dettagliato rapporto alla SS. Polizei und S.D. di Sussak». Il documento conclude testualmente “A sensi del Decreto legislativo n.2 del 4 gennaio c.a. le passività ebraiche nei territori della Repubblica Sociale Italiana sono assunte dall’Ente Gestione e Liquidazione Immobiliare, la cui competenza non si estende peraltro alla Zona di operazioni del Litorale Adriatico, ove il Commissario Supremo germanico ha riservato a sé la cura del patrimonio di nominativi appartenenti alla razza ebraica, disponendo fin qui il fermo delle attività senza prevedere in alcun modo il regolamento delle passività” . Per completare l’analisi documentale sulla questione «beni ebraici» è opportuno fare alcuni riferimenti diretti all’operatività delle banche nella Provincia del Carnaro. Così per la Banca d’America e d’Italia. Agenzia di Abbazia. Fondo A 1. Il fascicolo “Beni ebraici” raccoglie quasi un centinaio di documenti, che coprono il periodo che intercorre dal 24 novembre 1943 al 18 aprile 1945. Contiene circolari interne della Banca d’Italia; provvedimenti in materia di matrice fascista (RSI) e nazista (Zona d’Operazioni Litorale Adriatico); pratiche individuabili per singoli nominativi; elenchi di persone individuate come “ebree”, i cui depositi bancari vengono confiscati; provvedimenti eversivi di beni ebraici, che stornano conti correnti intestati ad ebrei e li versano per mezzo di bonifici sul conto corrente della Reichskreditkassa di Fiume, che opera per conto e nell’ambito della Zona d’Operazioni Litorale Adriatico, con sede a Trieste. Il materiale, brevemente descritto, permette di ricostruire il meccanismo della spoliazione dei beni bancari nelle sue linee generali e nel suo complesso, ed al tempo stesso di individuare specifici casi di spoliazione. Nel novembre 1943 il comandante della Polizia di Sicurezza e del S.D. della Zona d’Operazioni del Litorale adriatico dispone il blocco ed il sequestro, con effetto immediato, di tutti i valori appartenenti ad ebrei che si trovavano in deposito, comunque costituito ( conti correnti, libretti a risparmio, titoli, depositi aperti e chiusi, cassette di sicurezza, ecc. ) presso le aziende di credito. L’operazione di individuazione di questi beni viene condotta tramite le succursali provinciali della Banca d’Italia, nell’ambito dei poteri di vigilanza, che questa esercita sulle aziende di credito . Tutta la materia dà luogo comunque a molte difficoltà applicative, come nel caso dei libretti al portatore non contraddistinti con nome e cognome de proprietario. Intanto altre difficoltà insorgevano nel territorio della RSI, dove i profughi dal Sud avevano difficoltà a dimostrare la non appartenenza alla “razza ebraica”. Nel Litorale Adriatico non viene applicato il “decreto del duce” del 4 gennaio 1944, pubblicato al n. 6 della Gazzetta Ufficiale, riguardante appunto la materia dei beni ebraici. Le autorità naziste procedono nel Litorale Adriatico con estrema rigidità. Nel maggio 1944 bloccano, con effetto immediato, tutti i libretti a risparmio non contraddistinti dal nome e cognome del proprietario. Resterà a carico degli interessati, che volessero ottenere il rimborso, di recarsi presso la Polizia di Sicurezza (SIPO) o presso il S.D. per farsi rilasciare una dichiarazione di sblocco (gepruft und freigegeben…), debitamente firmata dal Meister der Schupo o dal Revieroberwachtmeister d. Sch. . Il controllo di polizia si estende anche nel caso delle esecuzioni testamentarie di ebrei, come si verifica per il defunto Giacomo Kurz, di Abbazia. Probabilmente spinti da motivazioni demagogiche, i nazisti lasciano attuare una disposizione testamentaria a favore del Comune di Abbazia, che gode di un lascito di £ 10.000  . La disposizione testamentaria prevedeva che la somma in questione fosse devoluta dal podestà di Abbazia a scopi assistenziali. Non manca il caso di speculazioni, da parte della Banca, sugli effetti di proprietà ebraica: il conto “profitti e perdite” è comunque ben presente ai funzionari, che curano, è il caso di dire fino all’ultima lira, gli interessi della istituzione che rappresentano. Così, all’inizio del 1944, la Agenzia di Abbazia (Fiume) della Banca d’America e d’Italia figurava ancora come banca emittente di un libretto al portatore formalmente in mano della Comunità Israelitica, con un saldo, al 30 settembre 1943, di £ 45.026,30. In data 20 marzo 1944 la Banca d’America e d’Italia da Trieste si fa premura di comunicare alla propria filiale di Abbazia che lo stesso libretto non deve più beneficiare del tasso speciale per i libretti vincolati, a partire dal 30 settembre 1943. Infatti, per effetto del blocco dei beni ebraici, può essere richiesto da un momento all’altro il versamento del relativo importo sul conto delle “Autorità Germaniche”, e perciò la somma non doveva più intendersi vincolata, ma libera. Tale valutazione comportava un tasso di interesse minore . Fino all’ultimo momento, fino pochi giorni prima che l’Armata Popolare Jugoslava investa le città principali della Venezia Giulia, le banche scambiano i loro carteggi con le autorità d’occupazione tedesche, per assicurare il loro puntuale adempimento alle disposizioni ricevute nella delicata materia dei beni ebraici . Non sempre però le cose vanno nel verso voluto dai nazisti, come per il sequestro dei beni di Romy de Frida, residente ad Abbazia, la quale è sì titolare di un deposito di 2.650 dollari presso la Banca d’America e d’Italia (sede di Trieste), ma questo fondo è già stato trasferito presso il corrispondente della Banca di New York, dove le autorità americane hanno provveduto a bloccarlo, rendendolo quindi indisponibile. In altri casi invece i depositi di cui sono titolari ebrei vengono accreditati forzatamente alla Reichskreditkasse, sul conto “Der deutsche Berater – Abteilung Finanzen, Referat Vermogensverwertung” di Fiume. I documenti ora reperiti presso l’Archivio di Fiume dimostrano come i nazisti, oltre alle razzie, hanno fatto ricorso a “canali legali”: cioè si sono avvalsi della Banca d’Italia e dei suoi poteri di vigilanza sulle aziende di credito. E’ in effetti la Banca d’Italia che dà disposizioni sul come procedere. In questo quadro avviene la spoliazione dei libretti al portatore. Il loro importo viene trasferito, con un bonifico, sul conto del “Der deutsche Berater” ( consigliere tedesco ), presso la Reichskreditkasse, che ha le sue varie filiali nelle diverse città italiane. L’operazione è denominata: Reparto R II  ( R II. Az.: 457 ). Nel Fondo Cassa di Risparmio di Fiume, la Busta F 181 contiene carte intestate  “Sequestro beni ebraici. Pratica della Filiale di Abbazia”. Tratta il problema delle cassette di sicurezza forzate, riportando l’elenco dei nominativi che subiscono il sequestro e la quantificazione dei valori contenuti nei libretti a risparmio. Inoltre contiene la distinta, inviata alla Banca d’Italia di Fiume, in data 25 novembre 1943, dei depositi esistenti, che vengono considerati bloccati, appartenenti ad ebrei italiani ed esteri. Sono conti correnti, depositi a risparmio, oltre a cassette di sicurezza. Nel marzo 1945 la SS Polizei di Fiume procede in data 13 marzo all’apertura mediante forzamento di n. 5 cassette, i cui locatari sono di «razza ebrea». L’esecuzione del lavoro è stato effettuato dalla Ditta Skull di Fiume. Uno dei nominativi delle cassette forzate corrispondeva alla Comunità Israelitica. Il fabbro è certo Jerina di Fiume. L’esame del contenuto è stato effettuato dalla SS Polizei sig. Weiland e dall’interprete sig. Klinz Goffredo di Abbazia. In data 30 marzo 1945, con un bonifico della Cassa di Risparmio di Fiume sul conto della Reichkreditkasse, der Deutsche Berater fur die Provinz Quarnero in Fiume. Finanzabteinung Ref. Vermogenverwertung, Fiume, vengono estinti quattro libretti a risparmio di emissione della Filiale di Abbazia, appartenenti a nominativi ebraici e bloccati dal 24 novembre 1943, in base a decreto di sequestro della Banca d’Italia, Fiume. L’importo è di lire 9.191.35 e viene incamerato dalla SIPO e dalla SD dell’Operationszone “Adriatisches Kuestenland” Trieste, nel quadro dell’operazione chiamata R II. Az: 103. Per quanto riguarda le cassette di sicurezza forzate, una Relazione riporta nei dettagli l’operazione, così come viene descritta nei particolari dagli impiegati presenti in ufficio il 5 febbraio 1945, giorno dell’avvenuta apertura forzata. Essi comunque si opposero a sottofirmare la dichiarazione che il contenuto delle cassette fosse privo di valore, non avendo assistito all’apertura delle stesse, ed in modo da non essere accusati di corresponsabilità. Ancora in data 5 aprile 1945 la Cassa di Risparmio di Fiume. Filiale di Abbazia procede all’estinzione di tre libretti a risparmio (si tratta di un importo di £ 20.601.30), con una operazione siglata R II. Az: 665. In conclusione, mi sembra che questo primo sondaggio documentale abbia dato conferma di un processo persecutorio di connotazione peculiare nel territorio nord – orientale italiano. Così nella Provincia del Carnaro come a Trieste, dal settembre 1943 unite nel Litorale Adriatico, le vicende degli ebrei ivi residenti presentano aspetti, condizionati da mentalità procedurali e direttive, da iniziative locali e applicazioni legislative, fortemente limitativi e dalle conseguenze drammatiche. In questa sede ho appuntato l’interesse sulla questione socio – economica e sulla spoliazione dei beni. In un secondo momento mi addentrerò a sviluppare compiutamente queste prime linee descrittive della persecuzione fascista e della distruzione fisica, attuata dai nazisti, delle Comunità ebraiche del Carnaro. CURRICULUM Silva Bon, da anni membro del Direttivo dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia, studiosa di storia contemporanea, si è occupata con maggiore continuità del problema dell’antisemitismo, della persecuzione razziale, e delle loro ricadute sulla realtà nord-orientale, negli anni Trenta e Quaranta del Novecento. Recentemente ha pubblicato Gli Ebrei a Trieste. Identità, persecuzione, risposte. 1930 – 1945, IRSML – LEG, Gorizia 2000. Ha collaborato alla ricerca ed alla stesura di varie parti nella Commissione per la ricostruzione delle vicende che hanno caratterizzato in Italia le attività di acquisizione dei beni dei cittadini ebrei da parte di organismi pubblici e privati, Rapporto generale, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma 2001. HISTORIJSKI ARHIV RIJEKA. RELAZIONE SULL’ATTIVITA’ SVOLTA. Prefettura di Fiume. Rijecka prefektura. 1924 – 1945. Le Buste che interessano la Comunità ebraica di Fiume e della Provincia del Quarnero, istituita dopo l’8 settembre 1943,  retta da un Deutsche Berater, dipendente dalla Zona d’Occupazione del Litorale Adriatico, agli ordini del supremo commissario Rainer, insediato a Trieste, sono le seguenti: Br. 98/86 – 1964 dalla Busta 262 alla Busta 267. Difesa della razza 1938 – 1944. ( in particolare la Busta 264 contiene le carte del Nucleo per lo studio ebraico, fiduciario Bruno Selles 1943 – 1944; I – 1/E – 12 Situazione e trattamento persone razza ebraica 1943 – 1944) I – 1/E – 12 Censimento ufficiali in congedo di razza ebraica 1939 Censimento ebrei 1938 – 1939 Censimento ebrei revisione 1942; la Busta 267 contiene le pratiche di discriminazione). Busta 344. I – 11 – 7 Culti non cattolici ( 1939 – 1942 ) I – 11 – 7/a Comunità Israelitica e Unione Israelitica ortodossa di Fiume ( 1939 – 1942) I – 11 – 7/b Comunità Israelitica e Unione Israelitica ortodossa di Abbazia ( 1934 – 1942 ) I – 11 – 7/c Affari relativi al culto israelitico ( 1940 – 1942 ). Busta 350 I – 16/A 4 Pubblicazioni diverse ( 1938 – 1945 ), tra cui “La difesa della stirpe”, rivista mensile, 1938. Busta 357 I – 16/D – 4/6 Pagamento tasse turisti che ( sic ) comitiva di emigranti ebrei ( 1938 ). Br. 98/8 c – 1964 Busta 676 1 – 2 – 50 Confinati politici. Internati in campi di concentramento 1941/1942 – 1945. Dalla Busta 677 alla Busta 679 1 – 2 – 51 Difesa della razza. Affari generali 1938 – 1935. Dalla Busta 680 alla busta 692 Apparecchi radio. Precettazione civile degli ebrei 1943. Elenchi residenti. Beni appartenenti a cittadini di razza ebraica – evasione 1944. 1 – 2 – 51 Cura del patrimonio degli ebrei 1945 Censimento Elenchi generali residenti nella Provincia del Carnaro 1941. Busta 693 1 – 2 – 52 Amministrazione beni confiscati 1938 – 1944. Br. 98/8 d – 1964 Partito nazionale fascista Busta 2228 Gruppo dei fascisti universitari 1940 – 1943. Dalla Busta 2186 alla Busta 2189 Commissariato straordinario per i territori di Susak – Krk in Sussa 1943 –1944. Busta 2190 Intendenza civile per i territori del fiumano e della Kupa – Sussa. Buste 2191 e 2192 Ufficio di ragioneria. Busta 2198 Rapporti mattinali della Questura 1935 – 1938, 1939. Busta 2199 Rapporti mattinali della Questura 1940 – 1944. I documenti contenuti in questo Fondo permettono una ricostruzione globale della storia della Comunità di Fiume, di Abbazia, della Provincia del Carnaro, con riferimenti specifici e approfonditi alla questione della spoliazione dei beni ebraici. Non mi è stato possibile visionare il Fondo in questo immediato arco temporale per un impedimento fattuale da parte del direttore dell’Archivio. Infatti le Buste citate stanno per essere trasportate in una sede nuova e l’Archivio è in fase di ristrutturazione e ammodernamento. Comunque ho concordato con il direttore dell’Archivio una prossima visita a Fiume, per consultare il Fondo Prefettura, previa una comunicazione telefonica, che assicuri la reperibilità del Fondo stesso. In data 3 maggio 2000 l’archivista Boris Zakosek mi ha confermato che il Fondo Prefettura sarà consultabile dalla seconda metà del mese corrente. Propongo alla Presidente della Commissione un prolungamento del mio incarico ed una seconda missione a Fiume, nel caso che il reperimento dei documenti elencati venga ritenuta materia d’interesse e d’indagine specifica ulteriore. A mio avviso le carte in questione possono costituire la base importante per una ricostruzione capillare del problema. Nell’Archivio di Fiume sono consultabili i Fondi delle banche operanti nella città negli anni della persecuzione fascista e nazista della Comunità ebraica locale. Banco di Roma. Filiale di Fiume. R 10 Busta R 13 contiene documenti vari sulle confische negli anni 1943 – 1945. Non sono evidenziati documenti che riguardino le proprietà mobili o immobili degli ebrei. La ricerca diventa capillare e si basa su intuizioni o riscontri, deducibili dai cognomi ritenuti di ascendenza ebraica, che non mi sembrano scientificamente corretti. Banco di Napoli. Succursale di Fiume. N 15 Credito Italiano. Succursale di Fiume. C 10 Entrambi i fondi non toccano specificatamente la questione della spoliazione dei beni ebraici negli anni Trenta e Quaranta, durante la persecuzione fascista e nazista. Cassa di Risparmio di Fiume. F F 143 Libro verbali del Comitato. 1940 - 1941 ( Deliberazioni interne ). F 144 Libro verbali  del Comitato. 1941 - 1943 F 145 Libro verbali del Comitato. 1943 – 1945 F 146 Libro Verbali del Collegio Sindacale. 1936 – 1939 F 155 Libro Verbali del Consiglio di Amministrazione. F 156, idem. 1937 – 1938 ( contiene richieste di mutuo, concesse ad ebrei nel 1938. L’impressione è che gli ebrei fiumani in questi anni non emigrano numerosi come a Trieste. Forse che una percezione del pericolo diversa li fa agire diversamente). F 157, idem. 1940 – 1942 ( controllate le vendite di case, terreni negli anni 1938 – 1942, non ci sono contrassegni di ebrei, né sembra ci siano particolari vendite con realizzi di favore per l’acquirente ) F 158 , idem. Due verbali del 1944 –1945, inoltre una pagina di una rubrica intestata alla comunità Israelitica ( n. 9067 45 ) sono stati fotocopiati dalla pagina 115 alla pagina 164 F 158 a Deliberazioni presidenziali. 1936 – 1939 Tutte queste buste sono state spoliate, con scarsi esiti, ai fini della ricerca in corso. Ho preso nota ulteriormente: F 31 Kuverte A-Z Venetofondiario, Verona ( conto non estinto, non pagato ) F 33 F 1 Kartoni  A-Z I. F 1 A idem I. e III. F 2 Kuverte A-Z F 188 Deposito valori esteri e preziosi F 195 Venetofondiario Verona mutui 1937 – 1040 F 196 idem 1940 – 1943 F 197 idem 1940 – 1947. Queste buste possono costituire oggetto di verifica successiva, durante la prossima andata all’Archivio di Fiume, fine giugno 2000.