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Marino Bonifacio e i suoi studi sui dialetti e i cognomi istriani

Marino Bonifacio

Autore: Cermen Palazzolo Debianchi

Tutti conosciamo Marino Bonifacio, specie per i suoi scritti sui cognomi istriani sui nostri giornali, ma pochi  sanno chi è veramente perché è un signore riservato e schivo, totalmente dedito ai suoi studi, grazie ai quali gli è stato attribuito quest’anno il PREMIO TANZELLA per il libro “Cognomi del comune di Pirano e dell’Istria”, vol. IV, con la motivazione: “Un ponderoso lavoro di ricerca sui cognomi delle comunità di Pirano e dell’Istria dove l’autore, con certosino impegno, descrive la storia di ogni famiglia attraverso il cognome, che è la carta d’identità del nostro passato”. E, dal momento che anch’io desideravo conoscere meglio questo personaggio del nostro mondo culturale, mi sono messa in contatto con lui e ne ho ricavato le informazioni che seguono, e che egli mi ha gentilmente e volentieri fornito. Marino è nato a Pirano nel 1941 e vi ha frequentato, nel periodo 1947 / 51, le prime quattro classi della scuola elementare “Dopodiché - mi racconta - secondo il nuovo sistema scolastico ottennale, instaurato nel 1951 dalla Jugoslavia anche nelle scuole della Zona B dell’Istria, avrei dovuto frequentare altre quattro classi. Mi fermai invece ai primi due mesi della 3a ottennale, perché il 28 novembre 1953 esodai con la mia famiglia a Trieste, a causa delle continue persecuzioni del regime jugoslavo sugli italiani della Zona B”. In Italia ha poi proseguito gli studi? In Italia, nell’anno successivo all’esodo, il 1954 / 55, ho frequentato la 3a classe dell’Avviamento Industriale ad indirizzo Marinaro di Grado e nel 1955 / 56,  la 1a classe dell’Istituto Tecnico Industriale Alessandro Volta di Trieste, dopo la quale ho abbandonato gli studi per andare a lavorare. Quale occupazione scelse? Mi imbarcai sulle navi passeggeri della Società di Navigazione Adriatica di Venezia come ragazzo di camera e poi come cambusiere. I viaggi - di 12 giorni  - si svolgevano nel Mar Mediterraneo con scali a Venezia e a Genova. Continuai così per 21 anni, dal 1960 al 1981. Già in questo periodo cominciai però a interessarmi dei cognomi e dei dialetti istriani, studiando di notte perché di giorno dovevo lavorare.  Infine mi sbarcai e trovai un’occupazione a terra per proseguire i miei studi con maggiore facilità. Si può dunque dire che il suo interessamento ai cognomi e ai dialetti istriani è “antico”, come la sua collaborazione con diversi giornali degli esuli. Io la leggo in particola su La Nuova Voce Giuliana ma lei collabora anche con altre riviste; quali sono? Oltre che su La Nuova Voce Giuliana, attualmente scrivo sui cognomi istriani pure sui periodici L’Eco de Piram, Umago Viva e sulla rivista scientifica semestrale Tempi & Cultura. Per anni ho scritto poi anche su La Sveglia di Capodistria, In Strada Granda di Parenzo, La Voce della Famia Ruvignisa, La Voce di San Giorgio di Pirano, Isola Nostra, Unione degli Istriani e altri ancora, che poi ho dovuto man mano lasciare per ragioni di tempo, d’età e di salute. Oltre allo studio sui cognomi lei ha approfondito anche quello sui dialetti istriani; sono due interessi indipendenti l’uno dall’altro o uno dei due è stato la logica prosecuzione e completamento dell’altro? Quale dei due interessi è nato prima e come ha cominciato ad occuparsene? I cognomi e i dialetti sono strettamente intercollegati, gli uni dipendenti dagli altri, complementari, essendo il cognome e il dialetto le parti più intime di ogni essere umano, i due elementi-base che determinano l’identità storica di ogni individuo, per cui ho cominciato ad occuparmene contemporaneamente dal 1978/79 in poi. E’ uno studio che da interesse è diventato passione, passione storica, perché l’onomastica cognominale-nominale - cioè l’insieme dei cognomi, nomi, soprannomi e il loro studio - e la dialettologia sono interconnesse e sussidiarie della toponomastica, della demografia, della statistica, della geografia, dell’araldica, della religione, delle lingue, degli usi, dei costumi, delle tradizioni, ecc. di un popolo; lo dimostrano i due piccoli esempi che seguono. Il cognome istriano di Umago: Balànza, equivalente a quello italiano Bilància, deriva dalla voce dialettale istriana balànza / balànsa “bilància”, mentre l’altro cognome istriano di Rovigno: Dapisìn ha origine dal toponimo Pisìn “Pisìno”, attestato dal 929 come Castrum Pisinum, risalente a sua volta al latino opacinus, “che sta a bacìo, rivolto a settentrione”. Sappiamo inoltre che il veneto attuale di Trieste ha un sostrato (base antica originaria) friulano mentre il veneto dell’Istria veneta (da Capodistria a Pola, incluse le zone interne fino a Pinguente, Rozzo e Pisino) risale al venetico (veneto antico del VII-IV secolo a. C.) intanto che il veneto dell’Istria orientale, del Quarnero e della Dalmazia ha un sostrato dalmatico (idioma romanzo parlato prima della venetizzazione ad opera di Venezia, avvenuta specie dal XV secolo in poi). Signor Bonifacio, lei ha veramente acquisito una grande quantità di conoscenze. E i suoi meriti sono moltiplicati dal fatto che li ha ottenuti come autodidatta ma, quali sono le fonti di questo suo sapere? Le fonti cui attingo per i miei studi sono varie, iniziando dai documenti del Chartularium I e II, raccolta di circa 900 documenti medioevali di Pirano del ‘200 e ‘300 ad opera di Camillo de Franceschi, tratti dall’Archivio di Pirano, il più ricco dell’Istria, ove giacciono, tuttora inediti, altri 9000 strumenti notarili, contratti di vendita, testamenti, ecc. che vanno dal ‘200 al ‘600. C’è poi il Codice Diplomatico  Istriano, contenente circa 1500 documenti dal 50 d. C. al 1500, raccolti da Pietro Kandler, a cui vanno aggiunti i libri matrimoniali e i necrologi sui diversi giornali (per primo “Il Piccolo” di Trieste). Come tutti gli studiosi mi avvalgo pure delle informazioni orali e per corrispondenza, oltre che di Internet (rubriche sui cognomi, segnalazioni, ecc.). Per farsi un’idea del tipo e numero di fonti di cui mi servo, veda ad esempio nel libro Cognomi del comune di Pirano e dell’Istria (IV), Pirano 2011, le Abbreviazioni bibliografiche alle pp. 241-251. Oltre che autore di articoli sui vari giornali degli esuli -¬¬ e anche dei rimasti - lei è autore di diversi volumi; vorrebbe gentilmente elencarne i titoli? Ho pubblicato quattro libri sui Cognomi del comune di Pirano e dell’Istria nel 1996, 1998, 2000, 2011, con la Comunità degli italiani di Pirano (nel cui mensile Il Trillo ho pure scritto sui cognomi), grazie all’iniziativa e al sostegno della mia concittadina coetanea Ondina Benedetti Lusa, rimasta sul posto, con la quale sono in contatto e collaboro dal 1981, perché anche lei è interessata, oltre che allo studio dei cognomi della popolazione istriana, alla conservazione delle nostre tradizioni e del nostro dialetto. Assieme abbiamo scritto I due volumetti sul dialetto piranese Le perle del nostro dialetto, contenenti proverbi, filastrocche, detti, favole, ecc. Nel volume I (2004), di 488 pagine, c’è anche un importante Dizionarietto piranese-italiano. Ho pure scritto sulle saline di Pirano nel volume El sal de Piran, Pirano 2000; sulla brazzera piranese in El mar de Piran, Pirano 2006; e, essendo figlio di un salinaio, pescatore e marittimo, nonché agricoltore, ho trattato La vendemmia e la vinificazione a Pirano fino al 1955 nel libro Vent’anni della festa del vin 1989-2008, Pirano 2009. Tra i libri pubblicati a Trieste cito i due fondamentali volumi Cognomi dell’Istria: storia e dialetti, con speciale riguardo a Rovigno e Pirano, Trieste 1997 (recensito da Gianni Giuricin) e Cognomi triestini: origini, storia, etimologia, Trieste 2004, recensito dal prof. Mario Zanini su La nuova Voce Giuliana n. 150 d.d.16/2/2007, dai quali risulta che i cognomi italiani più frequenti a Trieste sono quelli istriani, di cui avevo già trattato in 12 puntate su I cognomi di Trieste, pubblicate su altrettanti numeri del settimanale triestino Il Meridiano tra il 7/9/1996 e il 23/11/1996. Ho pure scritto sui cognomi istriani, quarnerini e dalmati presenti da Trieste a Ragusa in 21 puntate nel quindicinale italiano di Fiume Panorama tra il 2009 e il 2011. Un elenco abbastanza aggiornato sui lavori finora da me pubblicati appare nel II vol. di Le perle del nostro dialetto e nel Piccolo dizionario del dialetto umaghese, Trieste 2011, nella cui nell’Introduzione ho dimostrato come i dialetti istriani siano soltanto in apparenza simili al triestino e al veneziano. Ad esempio, a Trieste il brodétto di pesce si chiama brodéto, in Istria brovéto / boréto / brudíto e a Venezia broéto. La lancetta dell’orologio detta a Trieste e a Venezia sfèra, in Istria diviene perlopiù squèra. Io continuo l’opera dello studioso capodistriano Lauro Decarli, recentemente scomparso, la cui vita e i cui scritti sono stati ricordati su La nuova Voce Giuliana n. 253 del 16/1/2012. Egli è il primo uomo di cultura istriano che si sia occupato in modo scientifico dei dialetti istriani dimostrando, con il suo basilare libro Origine del dialetto veneto istriano, Trieste 1976 (citato su “La nuova Voce Giuliana” n. 150 del 16/2/2007) che il veneto istriano (istriano centro-settentrionale) non è stato trapiantato dai veneziani in Istria, ma è autoctono, al pari dell’istrioto, cioè dell’istriano meridionale (rovignese, ecc.). Va anche precisato che in triestino non c’è distinzione tra e / o chiuse e aperte ossia tra ré (sovrano) e rè (seconda nota musicale) e tra tóni (tuòni atmosferici) e Tòni (Antònio), come invece avviene nel veneto istriano al pari del veneto euganeo, del toscano e dell’italiano. Se non erro, tutti o quasi i suoi volumi sono stati pubblicati a cura delle Comunità degli Italiani di Croazia e Slovenia, dove è più conosciuto che in Italia. Come spiega questa situazione? Sono più conosciuto in Istria perché vi ho trovato le persone con la stessa mia passione, che mi hanno sostenuto nelle pubblicazioni sui cognomi e sui dialetti istriani, nonché sulla marineria, sulle saline e altro, situazione verificatasi in tono minore a Trieste. L’interesse, la passione, che lei esprime anche attraverso il tono della voce, per cognomi e dialetti sono sostenute e alimentate anche da qualcosa di più profondo? Io penso, signora Carmen, che ogni popolo cacciato dalla propria terra e disperso per il mondo ha il dovere di reagire onde spiegare a se stesso e al popolo che l’ha cacciato e sostituito in un dato territorio qual è la propria storia e la propria identità storica. I popoli che non sanno rinnovarsi e che non sanno dire chi sono, sono soggetti a scomparire inesorabilmente nel silenzio. Per questo motivo noi Istriani, Quarnerini e Dalmati dobbiamo studiare umilmente e riscoprire la nostra storia, i nostri costumi, le nostre tradizioni, i nostri cognomi, i nostri dialetti affinché il patrimonio storico-culturale ereditato dai nostri avi non vada perduto ma sia trasmesso ai nostri discendenti oggi sparsi in ogni angolo della terra. Sono d’accordo con lei. E’ questa la ragione per la quale anch’io scrivo ed organizzo eventi culturali. Grazie