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«Noi, esuli istriani, fiumani e dalmati, e i partigiani: è la verità che riconcilia»

Antonio Ballarin 21

Autore: Antonio Ballarin (presidente FederEsuli), «Avvenire», 20/01/16

Gentile direttore, le scrivo in merito all’articolo di Lucia Bellaspiga (“Avvenire” di domenica 17 gennaio 2016) sull’importante seminario promosso dall’Anpi (Associazione nazionale partigiani italiani) riguardo «La drammatica vicenda dei Confini Orientali». L’annuncio di questo evento aveva suscitato un certo nervosismo nel mondo dell’associazionismo legato all’Esodo giuliano-dalmata. Ci domandavamo, infatti, se un convengo sulla Shoah sarebbe stato possibile senza nemmeno un saluto da parte dei rappresentanti delle Comunità ebraiche. Ma il nostro mondo, quello che rappresento come Federazione delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, è sempre stato caratterizzato dall’onestà, anche intellettuale. Dunque, smaltita l’amarezza per l’impossibilità di avere la parola, siamo rimasti in attesa di ascoltare i contenuti per poi esprimere un giudizio sereno. Giudizio che non può essere unicamente accademico, poiché la narrazione degli eventi post bellici del Confine Orientale innesca in noi processi che non coinvolgono solo la mente, ma toccano il cuore e l’anima. La cronaca di Bellaspiga riporta il grande equilibrio con cui si è svolto il seminario e, sostanzialmente, segna un punto favorevole alle tesi incarnate nella nostra stessa esperienza umana. Tuttavia, è bene che i lettori del suo giornale conoscano un fatto poco noto, ma utile per comprendere come si sia finalmente giunti a queste prove di dialogo tra mondi a lungo lontani. Nel maggio del 2013 ero da poco eletto presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd), e la mia elezione, l’elezione di un “giovane”, segnava un’impostazione volta non solo a ricordare ma anche a costruire una nuova prospettiva per la nostra gente. Così, forti anche di importanti azioni e parole dall’insegna del dialogo (se non dell’autocritica) da parte di personalità quali Giorgio Napolitano e Luciano Violante, che provengono da un mondo politico (quello comunista) un tempo avverso alla nostra storia, decidemmo di contattare il presidente dell’Anpi, Carlo Smuraglia, lo stesso che ha ideato il seminario di sabato a Milano. L’obiettivo della nostra richiesta era lineare: dare vita a un “tavolo di lavoro” con accademici vicini al mondo dell’Esodo da un lato e studiosi indicati dall’Anpi dall’altro, per analizzare comunemente la storia nei suoi fatti oggettivi. Questa richiesta nasceva dal fatto che la nostra gente non ha avuto paura quando rischiava la vita all’indomani dell’invasione delle armate di Tito e non ha di certo paura della verità, mentre, al contempo, sembra che la sinistra, a settant’anni da quei fatti, stenti ancora a riconsiderare le scelte di Togliatti e la disastrosa politica condotta sulla pelle della gente della Venezia Giulia e della Dalmazia. Ancora oggi, infatti, a fronte di molti segnali di apertura, assistiamo a frequenti rigurgiti giustificazionisti. Apprezziamo il lavoro svolto da istituti per la Resistenza e non possiamo che essere lieti per monumenti a foibe ed esodo inaugurati congiuntamente con membri dell’Anpi (è successo ad esempio a Carpi, in provincia di Modena, dove sorgeva il campo profughi di Fossoli), ma restiamo ogni anno allibiti per la violenza di chiassose minoranze che ancora contestano pièce teatrali, come “Magazzino 18” di Cristicchi o “Rumoroso Silenzio” di Andreini. In definitiva, registriamo con soddisfazione il percorso di approfondimento intrapreso da quella parte politica che teorizzava la nostra eliminazione fisica settant’anni fa e ci sorprendiamo amaramente di come, ancora una volta, soltanto “Avvenire” abbia compreso l’importanza dell’evento e ne abbia dato notizia in modo ampio e competente. Sappia, direttore, che il nostro invito a quel tavolo comune con l’Anpi resta valido, e ancor più oggi, convinti come siamo che dalla verità non possa che nascere il bene comune. Non vi è dubbio che la Memoria di cui siamo testimoni sia quanto mai necessaria nella nostra società, affinché i valori di giustizia, libertà e accoglienza della diversità, da noi incarnati, siano testimoniati a difesa della vita in ogni sua forma. Con stima