Professione: Pittore, disegnatore e incisore
Luogo: Dalmazia
Autore: fonti varie
Andrea Meldola detto lo Schiavone ( Zara o Sebenico 1500/1522 - Venezia, 1563 )
Andrea Meldola, dalmata, nacque a Zara o a Sebenico, dove suo padre fu connestabile della Serenissima, in anno impreciso, tra il 1500 e 1522. Forse cominciò la sua formazione già a Zara oppure a Venezia da Lorenzo Luzzo detto Morto da Feltre, che fu attivo in entrambe le città (a Zara per esempio realizzò l’Assunzione della Vergine, ora nel Museo Diocesano).
Secondo un'altra versione, cominciò a studiare a Venezia, nella bottega del Veronese.
Autodidatta nella tecnica d'incisione, la apprese studiando le opere del Parmigianino.
A Venezia venne a cavallo degli anni tra il 1530-40.
Il Vasari prima espresse un giudizio negativo su di lui, ma poi cambiò opinione tanto che nel 1540 gli commissionò un grande dipinto di soggetto bellico, che nel 1568, descriverà come “la miglior cosa fatta dallo Schiamone” .
L’Aretino, invece, lo lodò sin dall’inizio.
Nel 1556 vinse una commissione per la Biblioteca Marciana a Venezia.
Fu amico di Tiziano, collaborò con Tintoretto e con Veronese alla Libreria di San Marco dove ancora esistono i suoi quadri. Conobbe fama in vita e da ogni parte d’Europa gli giunsero numerose commissioni.
Le sue opere oggi si trovano in importanti gallerie d'Arte europee ed americane.
Usò soprattutto la tecnica d’intaglio. Le sue opere più qualificanti propongono scene religiose o mitologiche realizzate per diversi committenti, anche in miniatura in modo vivace e coloristico, caratteristiche per le quali fu molto ammirato.
Morì il 1.mo dicembre 1563.
I suoi primi lavori, a noi pervenuti, risalgono al 1538-40.
Evidenziano la forte influenza del Parmigianino e dei manieristi dell’Italia centrale, soprattutto nella composizione e nel figurativo. Comunque era un esponente audace della scuola pittorica veneziana.
Nelle incisioni usò la stessa libertà tecnica. Alcuni dipinti, per esempio, Quattro donne nel Paesaggio, di grandi dimensioni, o Due uomini in scala ridotta, propongono la sua tecnica dell’accenno fino al punto in cui i soggetti diventano difficilmente riconoscibili.
La vivacità coloristica e il sapiente uso del chiaroscuro lo avvicina alla scuola del Tintoretto, mentre l’inclinazione alle esagerazioni, ai giochi di luci e alle improvvisazioni pongono le sue ricerche espressive in relazione con quelle del Parmigianino.
Si avverte comunque una certa carenza [o noncuranza] di scuola del disegno, mentre nella composizione delle scene emergono la potenza della fantasia del narratore e l'abilità di estrinsecarla con la magia del colore.