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ANVGD: a Torino si ragiona sulla politica di d’Annunzio

Carta del Carnaro e mondo del lavoro nel 150.esimo anniversario dalla nascita del Vate

In occasione delle celebrazioni dei 150 anni di Gabriele D’Annunzio, l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (A.N.V.G.D.) presenta l’incontro “D’Annunzio: Carta del Carnaro e mondo del lavoro”. L’evento si terrà giovedì 30 maggio dalle ore 16.30 alle ore 18.30 presso la Sala Toniolo di Palazzo Ceriana Mayneri – Corso Stati Uniti 27 a Torino.
Relatori: prof. Giuseppe Parlato (Storico e Docente all’Università LUISPO di Roma), prof. Guglielmo Salotti (Storico), avv. Luigi Vatta (Storico e scrittore – Consigliere ANVGD Comitato di Torino). Moderatore: dott. Ezio Ercole, Vicepresidente Ordine dei Giornalisti del Piemonte.

All’incontro sarà presente il Presidente Nazionale dell’A.N.V.G.D., dott. Antonio Ballarin

Il centocinquantesimo anniversario della nascita di Gabriele D’Annunzio si presta a numerosi approfondimenti. Al di là degli aspetti militari, poetici e letterari, al gusto per l’eccentrico e per la comunicazione, un tema che è stato finora sostanzialmente trascurato è stato quello del suo rapporto con il problema del lavoro. Toccato tangenzialmente da quanti si sono occupati del D’Annunzio politico (De Felice e Ledeen, fra tutti), per mettere in rilievo la sua ampia versatilità politica, il tema del rapporto con il mondo del lavoro nasce tardi nel Vate, con la prima guerra mondiale. Prima è del tutto assente nella poetica dannunziana ed è persino assente nella sua, pur breve, attività parlamentare negli ultimi anni dell’ottocento, quando, invece, per lo meno le giornate milanesi del 1898, quelle di Bava Beccaris che spara sui milanesi, avrebbero potuto offrirgli spunti di riflessione.
Per trovare accenni alla questione del lavoro bisogna attendere l’ampio e terribile scenario della prima guerra mondiale, quando D’Annunzio si rende conto, attraverso la sua sensibilità più estetica che politica, che la guerra ha creato un nuovo soggetto politico, il soldato, che in genere è, nella vita civile, un lavoratore dell’officina o un lavoratore della terra o ancora un artigiano: sicuramente, nella stragrande maggioranza dei casi, è un soggetto fino a quel momento sostanzialmente estraneo alla politica. Di qui D’Annunzio comprende che il dopoguerra dovrà tenere conto di tale soggetto, così come esso è stato determinante nel conflitto e non solo in Italia. C’è un altro elemento che la guerra determina: la visione di uno Stato che si dovrà occupare del problema sociale. Per la vecchia Italia liberale questo era un problema secondario, convinta, com’essa era, che il mercato si sarebbe autoregolato. Invece la guerra pone lo Stato come nuovo soggetto e sarà uno stato che si dovrà occupare dei cittadini, della questione sociale, della povertà, della ricchezza, della previdenza sociale.
Sarà a Fiume, dopo l’arrivo di Alceste de Ambris al gabinetto del Comandante, che il Vate riuscirà a rendere chiaro il suo pensiero attraverso la Carta del Carnaro, un documento fondamentale per comprendere l’importanza del lavoro nel pensiero di D’Annunzio e in genere nell’Italia del dopoguerra.

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