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March 19th, 2024
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Venezia, giornata di studi sui contenuti del Ricordo- Lucio Toth

Toth 2

Luogo: Venezia

La relazione introduttiva ” Lucio Toth: facciamo in modo che ci si ricordi di noi

Ci siamo alzati in piedi perchè abbiamo voluto con questo gesto salutare il gonfalone di San Marco, che non rappresenta un partito di oggi ma che è il vessillo in cui un italiano si riconosceva ancora prima dell’unificazione. Mi sembrava un doveroso omaggio verso le nostre radici e la nostra cultura.
Voglio raccontarvi un aneddoto curioso. Questa mattina mi sono svegliato e mi è venuta in mente una canzonetta che mi cantava mia nonna quando ero piccolo. Era una canzonetta libertina come lo erano le nostre città, così, un po’ allegre, ed allora mi è venuto da pensare se tra un secolo ci saranno ancora persone che ricorderanno canzonette di questo tipo che si cantavano a Zara, Fiume e Lussino. Chi si ricorderà tra cent’anni il dialetto zaratino, chi parla il dialetto tedesco di Danzica, chi ricorda il dialetto greco di Smirne o il dialetto armeno di Erevan? Pochi che hanno conservato e che non si sono assimilati. Queste sono cose che non vanno bene e noi oggi siamo qui per fare in modo che lo stesso non succeda con la nostra cultura. L’idea di un convegno di questo tipo è del prof. Stelio Spadaro e nella parte organizzativa del Cdm che ringrazio. Vorrei ringraziare anche i relatori che hanno accettato di intervenire e di partecipare come il prof. Raoul Pupo dell’Università di Trieste , il prof. Luciano Monzali dell’Università di Bari, il prof. Fulvio Salimbeni dell’Università di Udine, il prof. Paolo Segatti dell’Università di Milano e il prof. Giuseppe De Vergottini di Coordinamento Adriatico.
Questo seminario ha quindi a disposizione il fior fiore della cultura delle nostre associazioni che sono qui oggi presenti. C’è il Libero Comune di Zara, l’Associazione delle Comunità Istriane, il Libero Comune di Fiume, diversi esponenti dell’Anvgd che vengono da diverse parti d’Italia, la Società Dalmata di Storia Patria, la Società di Studi Fiumani e il Cdm.

Alcune note sulla nostra storia

Mi sono permesso di buttar giù una piccola nota storica. Le Alpi orientali sono state zona di passaggio e di invasioni di popoli che si stanziarono nella penisola italiana. Gli Illiri passarono in queste zone e divennero il popolo e la gente più diffusa non solamente nella parte orientale di queste nostre terre ma anche nell’occidente della penisola italiana.
Sono infatti molte le città che vantano ascendenze illiriche come Apri e Vasto o semplicemente perchè da certi studi si è pensato che le due lettere attaccate “pr” e “st” siano di origine illirica. Così allora Trieste e Vieste o Lesina in Dalmazia e Lesina delle Puglie.
Gli spostamenti dei popoli in questa zona coincidono con la soglia di Postumia che nel toscano del Duecento evoca una porta ma che nell’analisi di questi movimenti è proprio il posto nelle Alpi orientali da dove si passa più agevolmente. E’ questo quindi il posto da dove comincia la nostra storia, il posto da dove sono venuti tutti i malanni, da dove sono passati gli Unni e gli Ungari e via dicendo. Lo stesso concetto risalta nel tempo quando si parla dell’importanza che la Marca orientale ha nella storia italiana, nella creazione del regno Franco e Longobardo e nel passaggio che vide proprio queste zone passare sotto l’egida dell’Imperatore staccandole dal regno d’Italia, producendo delle conseguenze portate avanti per secoli.
Così quando Berengario d’Ivrea volle cedere queste zone ad Ottone I lo fece per avere la corona del Regno d’Italia e chi risentì di tutto questo furono le popolazioni che all’epoca abitavano la Marca del Friuli e la Marca Veronese. Se non fosse stato per la Repubblica di Venezia che ristabilì gli antichi confini della X Provincia Romana quella gente era già stata venduta.
Dico questo perchè allora c’è un qualcosa che si ripete nella nostra storia e che arriva fino all’annosa questione del francobollo di Fiume, perchè per salvare l’Italia, chi dobbiamo tagliare fuori? I dalmati per primi, i fiumani e gli istriani poi. Questo è quindi il punto debole della nostra nazione, il punto marginale della nostra storia.
Poi con l’epoca napoleonica è arrivato il momento in cui l’Istria e la Dalmazia sono state unite per la prima volta al Regno d’Italia attraverso la creazione, a dire il vero, un po’ ambigua, delle Province Illiriche. Successivamente, se nel tempo si guardano i cognomi, troviamo gli stessi casati nelle file dell’amministrazione napoleonica della provincia e nel Risorgimento dalmata osteggiato dall’Impero austriaco dopo il Congresso di Vienna.
Il Liberalismo, i fermenti attivi e passivi delle popolazioni adriatiche, Tommaseo e Graziani, Paolucci come comandante della Real Marina Veneta e Attilio Bandiera che aveva fondato la Società Esperia, una società affiliata alla Giovine Italia poi dichiarata illegale dall’Austria.
Tutte queste nozioni le dico per far capire quanto importanti siano le nostre zone nella storia della penisola e che quando vide la luce il Regno d’Italia i primi ad essere sacrificati fummo noi.
Dobbiamo muoverci con l’aiuto della Lega Nazionale e il governo italiano manda centinaia di lettere di scuse a Vienna per ogni volta che esponiamo un tricolore sui nostri balconi. Noi dobbiamo sempre chiedere scusa, lo dico di nuovo, come con il francobollo o come con la medaglia d’oro al gonfalone di Zara.
Lo stesso Cavour ebbe sempre una grande paura a parlare di Istria e di Dalmazia perchè non voleva inimicarsi l’Austria, la Francia e l’Inghilterra e perchè non pensava che il confine sarebbe potuto arrivare sin qui. Winston Churchill promise negli anni tra il 1939 ed il 1941 la Dalmazia un po’ a tutti, prima offrendola a Mussolini nel caso non fosse entrato in guerra e poi ai Karadjordjevic ” ai quali sarebbe andata anche tutta la Venezia Giulia – se fossero resistiti al regime degli ustascia.
Ci sono però delle pagine sulle quali non si è fatta ancora la necessaria luce: ad esempio quella della partecipazione degli istriani e dei dalmati alla Resistenza antifascista italiana. E’ vero che la maggior parte di noi era nelle file della Repubblica Sociale Italiana, come il deputato socialista De Pascalis che dovette subire anche un procedimento interno di partito durante gli anni ’70 perchè arruolatosi diciottenne nella X Mas, ma i politici dell’epoca lo giustificarono dicendo che per un giovane patriota di Pola scappare dalla minaccia comunista jugoslava si poteva tradurre nell’arruolamento in formazioni militari oggi discutibili.

Colmare i vuoti

Ma molti dei nostri stavano anche nel battaglione Budicin che si battè valorosamente contro i tedeschi nell’inverno del 1943 e che poi scomparve quasi nel nulla lasciando un vuoto che andrebbe esplorato meglio. Combattevano la libertà e la democrazia che derivavano dai nostri concetti di liberalismo, di autonomismo, dal nostro interventismo e dal nostro irredentismo che molti di loro avevano percorso nella vita.
E allora vedete che questa storia comincia a pesare anche se non ci deve condizionare. Poi vengono le foibe, le formazioni del corpo di liberazione nazionale con i loro centinaia di decorati e di caduti che hanno combattuto nell’alta Italia o sulla linea gotica. Questa è la nostra storia e ho voluto ricordarla così rapidamente perchè poi nel 1990 nella Jugoslavia sono successe delle cose che potevano essere simili a quelle capitate a noi, alla pulizia etnica da noi subìta.
Allora il compito nostro deve essere quello di far in modo che città come Fiume o Salonicco non vengano più smembrate in maniera brutale e che queste storie possano essere d’insegnamento verso la convivenza di cui oggi ne è un esempio l’Istria.

Venezia conosceva la soluzione

Un altro argomento toccato dal prof. Vecchiato e che mi ha dato uno spunto di riflessione è che noi possiamo diventare un vero e proprio punto di riferimento per l’Europa centro-orientale. Non dobbiamo dimenticare che se esiste un’Euroregione Alpina alla quale noi siamo legati per forza, esiste anche una zona adriatica e ionica alla quale siamo legati per storia. Venezia era questo ed aveva capito che la soluzione era questa.
Tutti devono capire l’importanza della riscoperta di questa adriaticità, da Otranto alle Marche e agli Abruzzi ma anche gli albanesi, i greci, i montenegrini e perchè no anche gli sloveni ed i croati. Ed in contesti simili non dobbiamo lasciare che ad esempio le nostre associazioni diventino di stampo reducistico bensì dobbiamo dar vita a dinamismi che permettano di portar avanti la nostra arte, la cultura, la religiosità, che sono il nostro patrimonio più grande. Dobbiamo raffrontarci con la globalizzazione e con il mondo che cambia in continuazione. Una volta la casa rossa era il confine di Gorizia, oggi quel confine non esiste più, esiste una città piena di vita con un cuore che pulsa molto di più di quanto faccia quello della Gorizia nostra. Sono cose su cui meditare perchè esistono paesi dell’area ex jugoslava che per certi aspetti sono più avanzati di noi, la Slovenia sulla scolarizzazione ad esempio; gli atavici ormai pregiudizi che per molti anni ci siamo portati dietro come esuli abbiamo il dovere di aggiornarli perchè o cerchiamo in tutti i modi possibili di salvaguardare questa nostra dimensione culturale oppure la storia ci passerà sopra come un rullo compressore e di noi non resteranno neppure le canzonette di carnevale.
Allora vorrei che questi nostri professori universitari ci spiegassero come affrontare le giovani generazioni senza più parlare solamente di cose vecchie così da mettere al margine il provincialismo storico che ci ha accompagnato e che spesso è di fattura romana, non giuliana.
Nelle mie parole c’è tanta amarezza ma anche essa può diventare un propellente per il futuro perchè noi possiamo, attraverso le nostre vicende, far uscire dal provincialismo la stessa burocrazia della capitale. Ci sono tanti paesi che si aspettano qualcosa da noi ed in questo Venezia, per noi che sappiamo come sia diventata nel corso dei secoli non una città regionale ma una potenza mediterranea e mondiale e per noi che parliamo quella lingua franca veneta, è un esempio che ci deve sempre inorgoglire.

Lucio Toth
Presidente ANVGD


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