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Lega Nazionale Bosco Romagno Osoppo

La Lega Nazionale alla commemorazione dei Patrioti della Brigata Osoppo

Domenica 26 giugno 2022, si è svolta la cerimonia commemorativa dei Patrioti della Brigata Osoppo, caduti al Bosco Romagno (Cividale del Friuli) nel 1945. Il presidente della Lega Nazionale, avv. Paolo Sardos Albertini, su invito del presidente dell’Associazione Partigiani Osoppo, dott. Roberto Volpetti, ha partecipato alla cerimonia commemorativa di Bosco Romagno. In questa località, nel 1945, i patrioti dell’Osoppo, dopo essere stati fatti prigionieri alle Malghe di Porzus, vennero tradotti a piccoli gruppi per essere poi giustiziati.

Dopo la deposizione della corona d’alloro al cippo che ricorda i Caduti, sono seguiti alcuni interventi istituzionali tra i quali quello del rappresentante del Parlamento e quello della Regione FVG  cui ha fatto seguito l’intervento del presidente dell’Associazione Partigiani Osoppo dott. Roberto Volpetti, e della presidente onoraria , la M.d’O. Paola Del Din; la conclusione è stata affidata all’avv. Paolo Sardos Albertini, presidente della Lega Nazionale.

L’avv. Sardos ha parlato di patria e di patriottismo, oltre ad avere evidenziato alcuni passaggi storici chiave che attestano quella che è stata la verità in queste terre di confine.

Ed è stata proprio la chiarezza e la franchezza espositiva nei passaggi di alcune dinamiche, usando la consueta capacità di non utilizzare perifrasi, ad aver poi riscosso il meritato plauso al suo intervento.

Riportiamo di seguito l’intervento del presidente della Lega Nazionale.

 

I PATRIOTI DELLA «OSOPPO»

L’amico Roberto Volpetti, che mi ha invitato ad intervenire a questo incontro – e lo ringrazio di cuore per questo invito, che mi onora e mi emoziona – l’amico Volpetti, dicevo, mi ha anche cortesemente fornito il testo di alcune commemorazioni tenute, in passato, in questo sito.
Ho così preso visione della parole pronunciate da Piergiorgio Bressani, nel 1995, da Matteo Forte nel 2013, da Franco Marini nel 2014, da Roberto Chiarini nel 2017.
Mi ha colpito che c’è stato in tutti un comune denominatore: i caduti che qui oggi ricordiamo erano dei «Patrioti» .
Penso, inoltre, alla vostra presidente onoraria,  la prof. Paola Del Din,  dalla quale innumerevoli volte ho sentito l’affermazione «Io sono una patriota».
Vorrei dunque soffermarmi proprio sul patriottismo, quel valore che ha costituto il propellente del Risorgimento italiano (Augusto Del Noce ha analizzato perchè il termine sia stato «risorgimento» e non «rivoluzione», proprio per il valore «patria»), quel concetto che ha trovato la piena consacrazione nel magistero del grande papa polacco, San Giovanni Paolo II.
Egli, in particolare in «Memoria e identità», ci ha insegnato che «il patriottismo è il vero antidoto ai nazionalismi» ed ha parlato di «madrepatria» , dove il primo termine (quello materno) indica il senso di appartenenza, il legame forte con una comunità il secondo (quello paterno) evoca il rapporto con il comune passato e la volontà di un comune futuro con quella certa comunità.
La Patria, dunque, come nota distintiva, come valore fondante, come scelta di vita di questi vostri, nostri fratelli il cui sacrificio, nel tragico febbraio del ’45,  siamo oggi chiamati a rievocare, ad onorare.
Ad impedire che sia in qualche modo travolto dall’oblio o, come si è anche tentato in passato, venga fatto oggetto di manipolazione e mistificazioni.

A Trieste, come Lega Nazionale, abbiamo affrontato una problematica analoga per il dramma delle foibe. Abbiamo cercato di farlo applicando un criterio : «RICORDARE PER CAPIRE».
Permettetemi di utilizzare questo stesso criterio anche per la tragedia dei martiri della Osoppo.
«Capire» significa non accontentarsi della ricostruzione del fatto (il misfatto), ma cercare di coglierne le cause le motivazioni profonde, quelle che vanno al di là della criminosità degli assassini (per quella la ragione vera sta sempre nel peccato originale, dai tempi di Caino).
Sicuramente il motivo di fondo va individuato nelle diverse finalità che erano presenti nella Resistenza italiana.
E’ sempre Del Noce ad averle individuate: per taluni, ed era il caso della Osoppo, «Italia e Libertà», vale a dire il proprio dovere di patrioti, per altri invece «Rivoluzione comunista», come reclamava la loro fede ideologica, tutta tesa alla costruzione del nuovo Stato.
E’ chiaro che queste due posizioni (poi ce ne erano di altre, come quella azionista, con aspirazioni giacobine) erano ben diverse, ma è pur vero che – nel momento della lotta contro lo straniero invasore – potevano anche operare affiancate, almeno fino al risultato finale.
In questo nord est d’Italia c’era peraltro una sostanziale diversità.
Per coglierla pienamente occorre risalire al 15 ottobre 1944 quando, a Bari, ha avuto luogo l’incontro tra Palmiro Togliatti, leader dei Comunisti taliani e due emissari di Tito, Kardelj e Gjlas.
Questi ultimi – forti dell’imprimatur di Stalin -hanno chiesto che, a guerra finita, Dalmazia, Fiume, Istria, Trieste ed il nord est fino all’Isonzo o magari fino al Tagliamento, fossero destinati alla Jugoslavia di Tito e che, da subito, i comunisti italiani partecipi alla guerra partigiana e i militanti del partito passassero tutti alle dipendenze, agli ordini delle strutture jugoslave.
Condizioni pesantissime (specie quella di «cedere» i propri militanti) che Togliatti accettò supinamente. Fece solo la (umile ?) richiesta che il destino jugoslavo di Trieste non venisse troppo sbandierato.
Per inciso: qualche esponente comunista triestino non gradì troppo il finire alle dipendenze di Tito.
«Curiosamente» denunce anonime ne provocarono la cattura da parte della Gestapo. Così almeno secondo il comunista Vittorio Vidali.

Certo è che da quel ottobre 1944 la divaricazione tra i militanti della lotta ai tedeschi in queste terre non era più solo il fine ultimo della loro azione ( «Italia e Libertà» per taluni, gli Osovani, «rivoluzione comunista» per gli altri).
La divaricazione era immediata: combattere per l’Italia o per la Jugoslavia. Lottare per la difesa del territorio patrio o per far sì che su queste terre si instauri la sovranità di Belgrado.
E’ questa divaricazione immediata che determina il massacro degli uomini della Osoppo: erano un ostacolo alle mire territoriali di Tito, erano un impedimento alla costruzione del nuovo stato comunista, erano , alla fin fine,  nemici del popolo.
Ed i nemici del popolo vanno eliminati. Tempestivamente!
Sarà questa appunto la sorte dei martiri della Brigata Osoppo, sarà la sorte, a Trieste, dei centoventiquattro combattenti del Corpo Volontari della Libertà, tutti trucidati dai Titini nei primi giorni di maggio, rei di essere insorti il 30 aprile contro i Tedeschi (senza aspettare l’arrivo degli uomini di Tito).
Tutti «nemici del popolo», trucidati come altre migliaia di Italiani (nelle Foibe o nelle acque dalmate), come le decine di migliaia di Sloveni e le centinaia di migliaia di Croati massacrati, a guerra finita, sempre dagli uomini con la stella rossa di Tito.
Nemici del popolo come quei tre giovani, l’italiano don Francesco Bonifacio, lo sloveno Lojze Grozde, il croato Miroslav Bulesic, tutti e tre assassinati dagli uomini di Tito, tutti e tre portati all’onore degli altari dalla Chiesa Cattolica, come Beati, beati martiri del Comunismo.
Permettetemi di affidare alla loro intercessione anche i vostri, i nostri caduti osovani che oggi, qui, ricordiamo e onoriamo.

Bosco Romagno, 26 giugno 2022
Paolo Sardos Albertini