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Foto Conferenza Stampa

Legge slovena sulla riparazione dei torti: sempre più esuli chiedono gli indennizzi

Dai primi di settembre al 10 ottobre 2015 circa 900 persone, in rappresentanza di altrettanti nuclei familiari, si sono rivolte all’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia in merito alla legge slovena sulla riparazione dei torti, e circa 1.100, sempre in rappresentanza di altrettanti nuclei familiari, all’Associazione delle Comunità Istriane di Trieste. Delle 900 persone rivoltesi all’ANVGD circa 800 hanno aderito alle riunioni informative svoltesi nella sede di Via Milano 22 a Trieste, mentre delle 1.100 rivoltesi all’Associazione delle Comunità Istriane circa 800 hanno aderito alle riunioni informative tenutesi nella sede di Via Belpoggio 29/1. L’ANVGD ha presentato 70 domande per nucleo familiare al Ministero della Giustizia sloveno, mentre l’Associazione delle Comunità Istriane 60. Circa 800 pratiche sono in attesa della documentazione da parte degli interessati per predisporre la domanda da inoltrare a Lubiana.

Tali cifre sono state rese note sabato 10 ottobre durante una conferenza stampa presso l’ANVGD di Trieste. Il presidente nazionale e provinciale dell’ANVGD Renzo Codarin, il presidente dell’Associazione delle Comunità Istriane nonché vicepresidente di FederEsuli Manuele Braico e la consulente Federica Cocolo hanno fatto il punto della situazione e risposto alle domande sia dei giornalisti sia del pubblico.

Dopo l’ingresso della Slovenia nell’Unione Europea (2004), la legge, in vigore dal 25 ottobre 1996 e all’inizio riguardante solo i cittadini sloveni, è stata estesa anche ad alcune categorie di cittadini stranieri. All’estero i più indennizzati sono stati gli argentini. Tra i cittadini italiani possono beneficiarne i profughi dai territori ora sotto sovranità slovena che non abbiano optato per la cittadinanza italiana prima del loro arrivo in Italia. Dunque: 1) tutti i profughi dalla parte oggi slovena della Zona B del Territorio Libero di Trieste, cui mai fu chiesto di optare proprio in quanto cittadini dell’incompiuto TLT; 2) i profughi dai territori che l’Italia cedette alla Jugoslavia con il Trattato di pace del 1947, ovvero l’Isontino già facente parte della Provincia di Gorizia, il Carso già ricompreso nella Provincia di Trieste e lo spicchio d’Istria già rientrante nella Provincia di Pola e poi passato alla Slovenia, a patto che non avessero optato per l’Italia prima di esodare.

Requisito essenziale per ottenere l’indennizzo è dimostrare di aver dovuto lasciare la propria terra «per ragioni di classe, politiche o ideologiche». Innumerevoli del resto furono le vessazioni cui il regime titoista sottopose ingiustamente le popolazioni dei territori prima occupati e poi annessi: pestaggi, torture, deportazioni in campi d’internamento, arresti, maltrattamenti, intimidazioni, ricatti, processi farsa, licenziamenti, chiusura di attività economiche, espropri, confische, proibizioni a frequentare le chiese, imposizioni di inquilini sgraditi in casa, violazioni della libertà di parola, stampa e associazione, trasferimenti forzosi da scuole italiane a scuole slovene, discriminazioni su base etnica, mancate informazioni sui propri familiari scomparsi…

Oltre che per tali vessazioni subite nel territorio oggi sloveno, gli aventi diritto verranno indennizzati anche per il periodo trascorso in qualche campo profughi italiano (146 euro per ogni mese fino a un massimo di 8.300), visti i disagi e le condizioni insalubri cui furono costretti. L’unica condizione è non aver allora percepito redditi. Se dunque una persona cominciò a lavorare mentre si trovava ancora in campo profughi riceverà l’indennizzo solo per il periodo iniziale di permanenza durante il quale non aveva lavorato. Per tale periodo trascorso in campo profughi senza percepire redditi da lavoro la Repubblica di Slovenia erogherà anche i contributi pensionistici.

Gli indennizzi verranno corrisposti anche ai nati in campo profughi e, secondo parametri inferiori, a quanti furono ospitati in Italia presso parenti o amici.

Anche senza essere nati in campo profughi, si può fare richiesta di indennizzo per i propri avi in linea diretta che furono infoibati o comunque uccisi dalle autorità jugoslave e per i defunti che subirono vessazioni e poi soggiornarono in un campo profughi o presso parenti o amici.

In definitiva, tra i profughi italiani non hanno diritto ai benefici della legge solo quanti lasciarono la propria terra dopo aver optato per la cittadinanza italiana ai sensi del Trattato di pace del 1947 e senza aver subito vessazioni da parte delle nuove autorità jugoslave, il che è davvero raro vista la natura violenta e intollerante di quel regime dittatoriale.

Manuele Braico ha lamentato come purtroppo qualcuno stia facendo del «terrorismo» nel dire che ora Lubiana ha stretto i cordoni della borsa e pretende prove documentali o testimoni delle persecuzioni subite. Infatti la legge ha sempre previsto l’esibizione di tali prove documentali o, in loro assenza, la possibile audizione di testimoni davanti al giudice distrettuale competente. Dunque non è cambiato nulla. Ma, come ha chiarito Federica Cocolo, nella domanda basta anche solo che i richiedenti specifichino le vessazioni per le quali furono costretti ad andarsene o lo furono i loro avi. Poi sarà la Commissione operante presso il Ministero della Giustizia sloveno a fare tutte le verifiche del caso negli archivi, dove sono conservate le schede individuali compilate al tempo dall’onnipresente ed onnipotente polizia politica jugoslava. «Dopo aver letto un articolo sul “Piccolo” che parlava della necessità di prove e testimoni – ha rilevato Federica Cocolo – qualcuno ha preso paura e rinunciato a fare domanda. Invece non bisogna avere paura: basta informarsi bene e seguire la legge. Se poi il Ministero ritiene che manca qualcosa, chiede un’integrazione».

Manuele Braico ha esortato chi il 3 settembre 2014 aveva sporto denuncia alla Digos e alla Procura della Repubblica di Trieste contro ignoti per truffa a ritirarla, vista la baraonda causata. «Gli esuli che hanno fatto domanda – ha detto – non sono dei truffatori che vogliono indebitamente appropriarsi di soldi raggirando la Slovenia, ma persone che hanno passato vicende drammatiche e ora chiedono legittimamente quanto previsto da una legge slovena. Anche lo Stato italiano dovrebbe semmai dare loro qualcosa di più».

Ripetiamo quali sono i documenti necessari da allegare alle domande: fotocopia della carta d’identità; fotocopia del codice fiscale; estratto del certificato di nascita (solo se la persona è nata fuori dal territorio oggi ricompreso sotto la sovranità slovena; se l’atto è stato trascritto, deve rivolgersi allo Stato civile del Comune di residenza, altrimenti al Comune o alla Parrocchia di nascita); certificato delle vicende domiciliari (€ 16,52) dall’anno in cui la persona è arrivata in Italia, da richiedere in un Centro civico del Comune di residenza; qualifica di profugo (con bollo da € 16,00) da richiedere alla Prefettura (per chi non possiede tale qualifica occorrono due testimoni con la fotocopia del loro documento d’identità e del codice fiscale, più la loro dichiarazione di essere a conoscenza dei fatti narrati dal richiedente); fotocopia del libretto di lavoro (per chi non lo avesse avuto in quel periodo, a partire dal momento in cui iniziò a lavorare in Italia).

Questi sono invece i documenti da richiedere per le persone decedute: certificato di morte; certificato delle vicende domiciliari (dalla data di arrivo in Italia); certificato di cittadinanza (con la data di acquisizione della cittadinanza italiana); fotocopia del libretto di lavoro. Tale domanda viene prima esaminata dal Ministero di Giustizia e poi inviata dallo stesso al Tribunale di Lubiana, che esegue i controlli per definire la pratica dell’eredità.

Federica Cocolo ha precisato che il documento richiesto è il certificato delle vicende domiciliari (che costa 16,52 euro), non il certificato storico di famiglia (che costa da un minimo di 21,16 fino a oltre 100 euro, in quanto va calcolato a persona, e viene rilasciato dopo 30 giorni), come invece qualche Centro civico erroneamente sostiene. Le firme poi non vanno né autenticate né vidimate, poiché si tratta di un’autocertificazione.

Per sapere se si ha titolo all’indennizzo non conta dove si è nati, ma dove si risiedeva subito prima dell’esilio. Se ad esempio una persona è nata a Buie (oggi in Croazia) nel 1930, ma si è trasferita a Pirano (oggi in Slovenia) nel 1935 e lì è risieduta fino al momento della partenza, ha diritto ai benefici di legge, in presenza ovviamente degli altri requisiti.

ANVGD e Associazione delle Comunità Istriane stanno fornendo informazione e assistenza anche a centinaia di persone residenti nel resto d’Italia, tramite i comitati locali dell’ANVGD o direttamente tramite la e-mail leggedeitorti@anvgd.it, e stanno ricevendo molte richieste anche dal resto del mondo: in particolare Europa, Australia e Canada. Ambedue i sodalizi, pur privilegiando ovviamente i rispettivi soci, forniscono il servizio gratuito anche ai non soci. Gli interessati devono solo procurarsi i documenti necessari. Dell’inoltro al Ministero e/o al Tribunale di Lubiana si occupano i due sodalizi, che normalmente presentano domande coese per famiglia, onde semplificare e snellire il lavoro di controllo della Commissione.

Codarin ha osservato come i racconti delle persone rivoltesi ai due sodalizi per le domande stanno facendo emergere una marea di microstorie interessantissime dei soprusi patiti dalla nostra gente, che un giorno verrano trascritte in un libro.

Prossimamente Codarin e Braico si incontreranno con i vertici dell’Associazione Giuliani del Mondo per informare tramite la loro rete altri profughi sparsi nei vari continenti desiderosi di usufruire di questa legge. Sia Codarin sia Braico Croazia faranno inoltre pressione sulla Croazia affinché ripristini ed estenda anche ai profughi italiani l’analoga legge che aveva in vigore fino al 2011, ma di cui hanno beneficiato solo i cittadini croati perseguitati dal regime jugoslavo.

Per consulenza e assistenza nella compilazione delle domande ci si può rivolgere: all’ANVGD di Trieste nella sede di Via Milano 22 il martedì e il giovedì tra le 15.30 e le 17.30 (tel. 040 366877); all’ANVGD di Gorizia in Passaggio Alvarez 8 il martedì e il giovedì tra le 17.30 e le 18.30; all’Associazione delle Comunità Istriane in Via Belpoggio 29/1 a Trieste dal lunedì al venerdì in orario 10-12 (tel. 040 314741). Altrimenti si può scrivere all’indirizzo leggedeitorti@anvgd.it.

Paolo Radivo