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Lingue in via d’estinzione in Croazia ce ne sono tre

Di un totale di 24 lingue europee a rischio di estinzione, tre vengono parlate sul territorio croato. A lanciare l’allarme è stato il quotidiano britannico “Telegraph”. Il 13.esimo posto sulla scaletta è occupato dalla lingua istrorumena, appartenente al gruppo delle lingue romanze. Questa lingua conta 300 parlanti nativi e viene parlata in alcune località nel nord dell’Istria, per la maggior parte nella zona ai piedi del Monte Maggiore e nella Cicceria, a Seiane e Valdarsa (Susgnevizza).

Al 16.esimo posto la lingua istriota, con 400 parlanti, pure del gruppo di lingue romanze (lingue italo-occidentali), parlata nella zona occidentale della penisola istriana. Una delle lingue in maggior pericolo di estinzione è il livonian, parlato sull’omonima isola di Lettonia. L’anno scorso è morto l’ultimo parlante nativo di questa lingua, Grizelda Kristina, che era considerata l’ultima persona vivente cresciuta parlandolo. Viene usato oggi come lingua secondaria da una cinquantina di persone.

Gli idiomi istriani seriamente in pericolo Il rischio d’estinzione del valacco e del seianese è simile alle altre parlate autoctone dell’Istria, come l’istrioto, che comprende le parlate romanze autoctone di Rovigno, Valle, Dignano, Fasana, Gallesano e Sissano. Infatti, l’istrioto e l’istrorumeno sono entrati nell’Atlante delle lingue in pericolo di estinzione redatto dall’UNESCO, nella categoria “seriamente in pericolo”, che indica quegli idiomi usati dagli anziani e dai nonni e che i genitori capiscono ma non usano nella comunicazione quotidiana e con i bambini. La differenza maggiore tra i due è che l’istrioto ha sicuramente una maggiore testimonianza scritta, mentre l’istrorumeno è una lingua prettamente orale.

Zvjezdana Vrzić e John Victor Singler, docenti del Dipartimento di linguistica della prestigiosa New York University, stanno collaborando a un progetto per la preservazione dell’idioma autoctono dei valacchi d’Istria e dei seianesi.

La situazione linguistica in Italia In Italia, una delle lingue in via d’estinzione, parlata in alcuni sobborghi di Trento, è il cimbro, un idioma parlato anche in alcune comunità del Veneto. Tutelato dalla provincia di Trento, il cimbro è una lingua che conta sempre meno parlanti e che rischia di scomparire, come molte altre lingue minori parlate sul territorio italiano e nel mondo. Proprio l’Italia è considerata dai linguisti e dagli studiosi uno dei Paesi europei con la maggiore diversità (e dunque ricchezza) linguistica: oltre all’italiano si contano una dozzina di lingue minoritarie parlate in tutto da 4 milioni di persone. Il sardo, il friulano, il ladino sono le più note, ma in Italia nelle zone di confine si parlano anche lo sloveno, l’occitano o provenzale, il patois. Ci sono poi in Molise piccole comunità che parlano il croato, mentre in certe zone della Calabria si parla una variante dell’albanese e in Puglia alcuni dialetti discendono direttamente dal greco.

Nel giro di una generazione Una lingua in pericolo è una lingua di cui sopravvivono così pochi locutori che essa corre il rischio di non essere più utilizzata nel giro di una generazione. Ad esempio, molte lingue native americane negli Usa si sono estinte a causa di politiche del XIX e della prima metà del XX secolo quando se ne scoraggiava o vietava l’uso. Lo stesso è accaduto nel XX secolo in Unione Sovietica, per lo più nelle lingue di popolazioni nomadi. Una lingua morta (o estinta) è una lingua che non ha locutori nativi. Alcuni linguisti sostengono che almeno 3000 delle 6000-7000 lingue del mondo si perderanno prima del 2100. (krb)

«La Voce del Popolo», 02/12/14