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November 14th, 2024
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L’intesa ultra-adriatica dell’Italia

L’incontro dello scorso 3 febbraio tra Matteo Renzi e il neo-eletto Alexis Tsipras ha riportato sulla scena i temi della cooperazione economica tra la penisola italiana e i Balcani meridionali. Le lunghe relazioni esistenti tra l’Italia e la Grecia si spiegano non soltanto attraverso la prossimità geografica e storico-culturale, ma soprattutto tramite la condivisione di interessi strategici nel campo del controllo dell’immigrazione clandestina, della sicurezza energetica (basti pensare al progetto Trans Adriatic Pipelin) e dello sviluppo economico transfrontaliero dell’area Adriatico-Ionica. Se tra il 2003 e il 2007 la Grecia ha rappresentato un partner commerciale importante per l’Italia – secondo i dati forniti da Giulio Cainelli e Annunziata de Felice in Seduzione e coercizione in Adriatico, tra il 2003 e il 2007 l’export italiano verso la regione è cresciuto del 30% contro il 2% tra il 2000 e il 2003 – gli scambi inter-industriali tra le due repubbliche mediterranee hanno risentito duramente della crisi economica. Nonostante una riduzione sostanziale dei flussi commerciali e delle importazioni, sforzi significativi di rilancio sono stati messi in atto nel quadro del piano quinquennale di Cooperazione Territoriale Europea Grecia-Italia (2007-2013), cofinanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale con l’obiettivo di rafforzare la competitività e le relazioni esistenti tra le regioni frontaliere della Grecia occidentale, dell’Epiro, delle Isole Ioniche con le provincie italiane di Bari, Brindisi e Lecce. La fragilità della Grecia, guardata con sospetto dall’Europa del nord e dalla troika, rappresenta un’incognita per la nostra Penisola, che pena a definire chiaramente i possibili scenari. Soprattutto la ventilata uscita del Paese dal circuito euro, divide gli economisti e raccomanda  prudenza. Un Grexit potrebbe dare origine a un’irreparabile crisi di fiducia nei confronti delle banche italiane e penalizzare a lungo termine le nostre imprese. La svalutazione di un’eventuale nuova dracma per rilanciare l’economia greca avrebbe l’effetto di ridurre le esportazioni dell’Italia, creando un concorrente mediterraneo “a basso costo”. Secondo Matteo Renzi queste difficili negoziazioni rappresentano non soltanto una maniera di scansare un avvenire economico-finanziario costellato di incertezze per la nostra Penisola, ma anche un’insperata occasione per ritagliarsi una posizione di spicco tra i leader europei, divenendo non soltanto un punto di riferimento per l’area mediterranea, ma anche uno dei principali interlocutori della rigida Germania nella sua difesa del rigore e dell’ortodossia budgetaria. Questo “lavoro di cerniera” si è costruito attraverso una misurata politica del “bastone e la carota”: durante l’incontro del 3 febbraio il premier ha ribadito la volontà di cooperazione dell’Italia, ma ha contemporaneamente ricordato a Tsipras la necessità che le autorità greche mantengano saldi legami con l’infrastruttura europea e con le sue direttive, un vero labirinto del Minotauro da cui Syriza ha promesso di evadere durante la campagna elettorale. Il premier ha coronato questo appello a rientrare nei ranghi con il dono di una cravatta, che sembra in fondo ricordare a questi giovani politici – con il proprio stile più disinvolto simbolo dell’avvento di un nuovo tipo di leadership – le costrizioni e gli impegni contratti dai precedenti governi. In concreto, Renzi non mette in discussione l’osservanza merkeliana, preferendo palliare la situazione di debolezza economica del nostro Paese con un’alleanza “nordista” piuttosto che con l’appoggio incondizionato a una coalizione del cambiamento e dell’incertezza. Attraverso una garbata politica della mediazione, il premier spalleggia con discrezione i cugini mediterranei, ma ribadisce ancor più fermamente la propria vicinanza alle preoccupazioni tedesche e il suo rispetto dei valori fondamentali della troika. Questa strategia mira a situare l’Italia in una posizione di “forza discreta” sullo scacchiere europeo, come si evince dalle dure critiche di Padoan a Varoufakis quando quest’ultimo sembra pretendere dalla Penisola un appoggio dovuto a una comunanza di condizioni, piuttosto che alla volontà del nostro Paese di giocare la mediatrice. La linea scelta da Renzi sembra avere avuto successo, almeno a breve termine: Tsipras ha telefonato al premier italiano per ringraziarlo del ruolo svolto nelle negoziazioni. Il cammino verso una nuova Grecia resta tempestato di ostacoli. Bruxelles non sembra pronta a concessioni sostanziali ed è lecito chiedersi se il giovane Tsipras riuscirà a risollevare il Paese, conservando la fiducia dei suoi elettori e del nocciolo duro del suo partito.

Alessandra Danelli