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April 26th, 2024
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Strasburgo stronca le speranze degli esuli

Neppure l’Europa rende giustizia agli esuli. La Corte dei Diritti dell’uomo di Strasburgo diventa la Corte europea “dei diritti negati”. Il ricorso presentato un anno fa, dopo la sentenza negativa della Corte di Cassazione sugli ulteriori indennizzi agli esuli per gli espropri patiti alla fine della seconda guerra mondiale, è stato rigettato senza motivazioni. Era l’ultimo grado di appello. «Un esito infausto» come riferisce l’avvocato Gian Paolo Sardos Albertini che, dieci anni fa, insieme ad altri colleghi avvocati (tra cui l’avvocato De Pierro del New Jersey), ha intrapreso la battaglia per chiedere giustizia a favore di quei cittadini italiani (istriani, giuliani e dalmati) «che, dal 1947 in poi, per fuggire dalle angherie del regime di Tito, hanno dovuto abbandonare i propri averi e le proprie terre».

Il lungo procedimento giudiziario arriva così al capolinea. E ora non resa che l’amarezza di una sconfitta. Il nome della relatrice della Corte di Strasburgo dice tutto: Mirjana Lazarova Trajkovska, macedone (ex Jugoslavia). Una pietra tombale sul ricorso degli esuli: «La decisione della Corte è definitiva e non può essere oggetto di ricorsi davanti alla Corte, compresa la Grande Camera, o altri organi» scrive lapidaria nella lettera la referendaria Elena D’Amico. «Animato da un forte spirito di servizio ho messo a disposizione degli esuli la mia professionalità e le mie competenze per ottenere dallo Stato italiano il giusto risarcimento in termini economici dei beni abbandonati nelle terre d’origine – spiega Sardos Albertini che ha avuto diversi membri della famiglia coinvolti nell’esodo -. In questa prospettiva nel 2006 ho intrapreso una lunga battaglia legale, partita dal Tribunale di Trieste e culminata in sede europa dinanzi alla Corte di Strasburgo».

Una vera odissea legale approdata a nulla. «In Italia coltivavo poche speranze di ottenere risultati positivi: un organo dello Stato (l’ordine giudiziario) avrebbe dovuto condannare un altro organo del medesimo Stato (l’ordine esecutivo) al risarcimento dei danni patiti dagli esuli. Ha prevalso ovviamente la logica conservatrice a discapito della giustizia – scrive l’avvocato -. La sentenza negativa della Corte di Cassazione del marzo 2014 ha sancito l’esaurimento delle cosiddette vie interne e la conseguente possibilità di porre la questione dinanzi la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo. In sede europea, forte anche di un preciso precedente giurisprudenziale, il cosiddetto caso Broniowski (avente ad oggetto la sorte dei beni abbandonato da 80mila cittadini polacchi nei territori ad est del fiume Bug) auspicavo che le legittime aspettative degli esuli istriani-giuliano-dalmati fossero adeguatamente corrisposte».

Non è stato così. «Sennonché, non senza stupore, la settimana scorsa, la Corte di Strasburgo, con una comunicazione di poche righe, mi comunica di aver rigettato il ricorso» aggiunge sdegnato Sardos Albertini che non esista a definire «incredibile e spaventosa» la sentenza. «Tale decisione, già di per sé intollerabile, è resa anche più straziante dalla circostanza che la Corte medesima non si cura di esplicitare i motivi per i quali ha deciso di determinarsi in tal senso: decenni di angherie e soprusi liquidati con una lettere di poche righe che dichiara irricevibile il ricorso senza fornire la benché minima giustificazione. La circostanza che desta maggiore scandalo è che la normativa permette la Corte di atteggiarsi in siffatta maniera. A tale organo giurisdizionale, infatti, è dato modo di rigettare ricorsi concernenti diritti fondamentali della persona, senza dare atto dei motivi che conducono a simile decisione» conclude amaro Sardos Albertini.

«Tutti se ne lavano le mani. Questa è la dimostrazione che non è l’Europa dei popoli – commenta il direttore dell’Irci (Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano- dalmata) di Trieste Piero Delbello -. Queste è l’Europa degli affari e dei banchieri. E da questa non mi posso aspettare nessuna tutela dei popoli. La sentenza di Strasburgo è inaccettabile. Ma nessuno in tutta questa vicenda può davvero dirsi davvero innocente. A partire dallo Stato italiano che è stato il primo a lavarsi le mani».

«Purtroppo mi aspettavo l’esito negativo – dice Renzo Codarin, presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia -. Si spera sempre in questi ricorsi, ma non ho mai creduto fino in fondo alla via giudiziaria. Mi dispiace, perché come esuli abbiamo subito un abuso dei diritti umani. La strada da percorrere è quella politica cercando di convincere gli Stati coinvolti a riconoscere i torti degli esuli. Il fatto che la Croazia sia entrata in Europa apre uno spiraglio importante per la trattativa. Un realismo politico forse aiuta di più a ottenere risultati. Anche se dispiace per la sentenza di Strasburgo».

Fabio Dorigo, «Il Piccolo», 01/04/15