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Gregorio Ananian

Gregorio Ananian, il medico del sultano che fuggì a Trieste

Figura peculiare quella di Gregorio Ananian: in apparenza modernissima, eppure densa di contraddizioni, molto più vicina all’età moderna che all’ottocento, ai retaggi dell’impero ottomano che ai lumi del secolo decimo nono. Ananian nacque infatti a Istanbul (1770), all’interno della comunità degli armeni di fede cattolica. Di famiglia benestante, Ananian ebbe così modo di frequentare la facoltà di medicina dell’Università di Padova, completando poi il praticantato a Parigi, dove si trovava una scuola gestita da frati cappuccini volta a formare gli armeni come interpreti e missionari. Eppure, dopo quest’immersione nell’Europa di fine Settecento, Ananian scelse di tornare a Costantinopoli. Qui assunse il ruolo di prestigio di medico, nello specifico ostetrico, dell’harem di Selim III (1798-1807). Contrariamente allo stereotipo orientalista secondo cui l’harem rappresentava un luogo di delizie e piaceri carnali, popolato di odalische, danzatrici del velo e muscolosi eunuchi, in realtà l’harem del sultano designava l’insieme dei quartieri domestici della residenza imperiale e, per correlato, di coloro che vi abitavano. Lo scopo principale dell’harem era di fornire un figlio al sultano; la funzione riproduttiva era pertanto dominante. Il ruolo di spicco era giocato infatti dalla regina madre, a cui seguiva la concubina favorita, i principi e le principesse; al di sotto vi erano i burocrati, gli eunuchi e le odalische. Il ruolo del medico era in quest’ambito fondamentale, perchè l’harem, sovraffollato e poco areato, era un luogo mefitico, dove si diffondevano facilmente le malattie infettive, specie la tubercolosi, senza citare poi il ruolo del medico durante il parto del nascituro “reale” e, va da sé, per la cura delle malattie veneree.
L’azione di Ananian fu particolarmente apprezzata durante gli anni di servizio alla corte; tuttavia i tentativi di riforma di Selim III, volto a spodestare lo strapotere dei giannizzeri, lo condannarono a una fine violenta. Ananian, a sua volta, era consapevole di come il ruolo di medico presso l’harem fosse particolarmente delicato, specie nel caso di un passaggio di potere interno alla corte; e pertanto quando un suo collega medico venne ammazzato in strada, sotto gli occhi della gente, pensò bene di rinunciare all’incarico e fuggire in Europa.

Dapprima, con la moglie, giunse a Odessa, poi a Vienna e infine a Trieste, dove dal 1857 risulta registrato come residente in via San Nicolò 2. Il trasferimento segnò però la sua rinuncia all’attività medica, a favore invece di quella politica e filantropica. Quale caratteristica di molti armeni, anche Ananian s’inserì perfettamente nella società triestina, dando per altro il via a una lunga serie di donazioni, connesse alla sua precedente attività come medico ottomano.
Nel 1855 donò alla Biblioteca Civica mille volumi del settecento e della prima metà dell’ottocento, per lo più in lingua francese, afferenti alle scienze naturali, matematiche e chimiche, così come alla storia dell’Armenia e della Turchia.
Tra il 1858 e il 1859 Ananian fu tra i principali contribuenti per la costruzione della chiesa dei Mechitaristi di via Giustinelli, con una donazione di 15mila fiorini.
Il nome di Ananian rimane poi legato a Trieste dalla scelta di aver connesso la propria Fondazione filantropica con l’utilizzo delle case di sua proprietà. Il testamento di Ananian stabiliva infatti una serie di lasciti per il patriarcato armeno-cattolico di Costantinopoli e per i poveri armeno-cattolici e cattolici di Trieste, così come per il fratello e alla sorella ancora residenti nella capitale ottomana. La moglie inoltre otteneva l’usufrutto vitalizio delle due case triestine dell’ex medico, ovvero un edificio in contrada del Corso 10 e un altro in contrada di Sant’Antonio 2.

La casa di contrada del Corso 10 era stata progettata su tre piani, dietro committenza di Gregorio Ananian, nel 1819; l’architetto incaricato fu Giuseppe Fister. L’edificio acquisì grande fama quando, dopo il 1840, venne aperta una pasticceria gestita dal moravo Adolf Wunsch, che ebbe la felice intuizione di inserire al primo piano, dal 1851, il cosiddetto “Gabinetto Chinese“. Si trattava di un luogo a metà tra negozio e museo, dove per soli 20 carantani era possibile ammirare e scegliere una vasta gamma di prodotti di arte orientale, provenienti dalla Cina e dal Giappone. Oggigiorno il Gabinetto viene considerato un progenitore dell’attuale Museo d’Arte Orientale. La casa attuale è stata ricostruita tra il 1905 e il 1909 su progetto di Giorgio Polli, con l’inserimento di una lapide in memoria di Ananian.

A seguito della morte dell’ex medico (2 agosto 1865), ci vollero vent’anni affinché la “Fondazione di stipendi scolastici Ananian” venisse istituita (26 febbraio 1881).
Le rendite derivavano dalla proprietà dello stabile di Corso Italia, attualmente di proprietà del Comune di Trieste. Negli intenti originari di Ananian la Fondazione avrebbe dovuto finanziare gli stipendi degli studenti meritevoli del Ginnasio triestino, del Politecnico di Vienna e delle facoltà di politica e medicina dell’Università di Vienna. Lo sguardo di Ananian era dunque rivolto non solo a Trieste, quanto all’impero austro-ungarico nel suo insieme. C’era inoltre un elemento fortemente religioso/nazionale, poiché metà dei beneficiati dovevano essere poveri cattolici o armeni cattolici di Trieste e l’altra metà poveri armeni cattolici nati anche altrove. Oggigiorno la Fondazione sostiene gli studenti delle superiori e dell’università triestine, a patto che siano residenti da almeno 5 anni a Trieste e nella sua provincia. Un altro quinto dei fondi è invece destinato a cittadini della Regione Friuli Venezia Giulia, del Veneto orientale e dell’Istria.

Fonti: Luca G. Manenti, “Da Costantinopoli a Trieste: vita di Gregorio Ananian, medico e benefattore armeno“, Milano, Biblion, 2015.

Zeno Saracino – 16/10/2021
Fonte: TriesteAllNews