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Dalmaziamini

Le origini del Prosecco non sono in Dalmazia

La Croazia ha presentato alla Commissione Europea una richiesta di registrazione della menzione tradizionale Prosek, goffa traduzione del termine italiano Prosecco, denotante le produzioni vinicole a bollicine che riscuotono da anni un successo mondiale con 500 milioni di bottiglie prodotto nel Nordest italiano.

A dimostrazione di come il vitigno del prosecco abbia ben altre origini rispetto a quelle dalmate dichiarate da Zagabria, condividiamo il saggio di Fulvio Colombo “Storie di vini dell’Adriatico. nuove indagini sulle relazioni tra il Prosecco e il Prošek dalmata” pubblicato su “La Ricerca. Bollettino del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno”, n. 65, giugno 2014, pp. 11-13

Uno degli ambiti delle recenti ricerche sulla storia del Prosecco riguarda direttamente l’area dalmata per la presenza nella documentazione della regione adriatica di citazioni riguardanti vini con nomi simili o addirittura coincidenti1 . Nonostante la presenza di questi riferimenti si è sempre affermato, sia sul versante italiano sia su quello croato, che non c’è e non c’è mai stata alcuna relazione tra il Prosecco e il Prošek dalmata, viste le caratteristiche odierne dei due vini: il primo prodotto per lo più in versione spumantizzata da un vitigno a bacca bianca che sino a qualche anno fa aveva lo stesso nome (riconducibile storicamente senza difficoltà alla località di Prosecco, in provincia di Trieste), il secondo, un vino dolce con maggior contenuto alcolico, un vino da dessert, prodotto da uve passite sia a bacca bianca che nera (a seconda della località di produzione), ritenuto autoctono perché prodotto da tempo immemorabile nella regione. Stabilito però, sulla base delle nuove indagini, che il Prosecco aveva tempo addietro caratteristiche diverse2 , sarà opportuno procedere a una verifica a tutto campo, per capire se le differenze odierne, sia di nome sia d’aspetto, trovino conferma nella documentazione storica dalmata. Per il Prošek la ricerca si esaurisce rapidamente, vista la mancanza di dati di una certa antichità3 che al contrario sono per il Prosecco particolarmente abbondanti. Allo stato attuale delle conoscenze la più antica citazione di un vino di nome Prosecco, in Dalmazia, è relativa alla località di Almissa, l’odierna Omiš. Nel Viaggio in Dalmazia dell’abate padovano Alberto Fortis, del 1774, il riferimento è preciso e la corrispondenza grafica assoluta: “Il Territorio d’Almissa … Quantunque non sia coltivato con molta intelligenza produce squisito vino: e la bontà de’ fondi vince la poco buona coltura. Il Moscadello, e ‘l Prosecco vecchio d’Almissa, e generalmente tutto il vino, che vi si fa con diligenza d’uve ben mature, e riposate, merita d’aver luogo in qualunque banchetto.”4 . Questa citazione, già piuttosto significativa, è confermata da una seconda del 1780 riferita al vino di quella località: “Quello di Almissa è ricercato, ma molto più i liquori che distinguono quel paese Moscatto, e Proccecho”5 e da una terza del 1817: “Almissa, piccola, ma forte città. Il suo territorio è montuoso, e produce vini eccellenti, denominati prosseco”6 . Le notizie non sono però circoscritte solo a questa località, perché anche a Ragusa, l’attuale Dubrovnik, più a sud, esisteva una variante del Prosecco, documentata almeno dal 1802: “I Ragusei abbondano di eccellenti liquori. La loro malvasia; il prosecco detto pecenno, la cesviniza di Stagno, il moscato di Lagosta, possono starre a fronte coi migliori vini di Europa”7 . Questi dati sono ora già sufficienti per definire le caratteristiche del prodotto dalmata: non un vino comune, ma usando le categorie dell’epoca, un “liquore”, così definito per il maggior grado alcolico e l’alto contenuto di zuccheri, prodotto da uve ben mature e “riposate”: un vino, quindi, molto simile in prima analisi al Prošek attuale. All’epoca, però, anche il Prosecco prodotto a Trieste, nel goriziano e nel veneto aveva le stesse caratteristiche8 e perciò appare più che legittimo il tentativo di stabilire quali possano essere gli eventuali nessi tra i due vini. Scorrendo la documentazione triestina, più antica di quella riguardante le altre aree, la soluzione potrebbe essere già scontata, ma volendo dare all’indagine una parvenza di scientificità converrà approfondire le ricerche per la Dalmazia per trovare nuovi punti di contatto e soluzioni interpretative. Nel 1844 il noto egittologo inglese Sir John Gardner Wilkinson visita la regione e qualche anno dopo nel 1848 pubblica a Londra le memorie sul quel viaggio nell’opera Dalmatia and Montenegro: With a Journey to Mostar in Herzegovina and Remarks on the Slavonic Nations. Un passo dell’opera si rivela per noi piuttosto importante: “Dalmatia produces many wines, which are strong and full bodied; but most of them have the fault of being sweet, owing to the grapes remaining too long upon the vines, before they are gathered for pressing. It is from this that they have received the name of Prosecco”9 . L’ultima affermazione è veramente significativa: “It is from this that they have received the name of Prosecco” (è per questo che hanno ricevuto il nome di Prosecco). Quindi similmente a quanto noto per Trieste, dove questo metodo di vinificazione era l’unico elemento caratterizzante che distingueva il vero Prosecco dai tentativi d’imitazione (procedimento codificato nel protodisciplinare del 171510), anche in Dalmazia era riferito non ad un vino in particolare, ma ai vini prodotti con uve rimaste a lungo sulla pianta (owing to the grapes remaining too long upon the vines) prima di essere raccolte e pressate (before they are gathered for pressing). A ulteriore conferma della funzione di “sinonimo” del termine “Prosecco” nella regione adriatica, la limpida citazione del 1878 di un giornalista e viaggiatore parigino, Charle Yriarte, profondo conoscitore delle realtà dalmate: “La Dalmatie est très-riche en vins; on en compte de bien des sortes, parmi lesquelles les Prosecco, terme général pour désigner le vins doux”11; che nell’edizione italiana del 1883 è tradotto con: “La Dalmazia è ricchissima di vini: se ne contano di molte sorta, tra le quali il prosecco, termine generale per designare i vini dolci”12. Un metodo di vinificazione divenuto quindi un sinonimo di uso generale; particolare questo che può spiegare anche l’incertezza sulla denominazione dei prodotti enologici dalmati di metà Ottocento, come vedremo. Nel 1857 Franz Petter, professore al Ginnasio di Spalato e autore di un’accurata guida in tedesco della Dalmazia, al capitolo dedicato alla vite e al vino fa l’elenco dei prodotti della regione, citando “Der Prosecco oder Moscato” di Sebenico, il Prosecco di Brazza, quello di Lesina e di Sabbioncello, ma parlando di Almissa ricorda solo il “Vino Moscato, Marzemino und Vugava”13. Qualche anno dopo invece nel Wienbuch di Wilhelm Hamm si nomina, per la stessa località, il ”Prosecco oder Moscato di Rosa von Almissa und der Insel Crappano”, accumunando le due denominazioni in un unico prodotto14. Dopo le incertezze iniziali di fine Settecento, circa la grafia, il nome del vino si stabilizza quindi in modo inequivocabile nella forma attuale “prosecco” dando luogo a una cospicua documentazione in italiano, tedesco, francese e inglese, di cui in questa sede non posso dare ragione. Significativa la presenza alla “Fiera dei vini”, svoltasi a Trieste nel 1888, di tre Prosecchi dalmati dei fratelli Sarich di Terstenik (Trstenik nella penisola di Sabbioncello-Pelješac), premiati con la “Medaglia d’argento dello Stato”, due dei quali classificati come “Prosecco fino” e l’altro come “Prosecco comune” accanto ai prodotti locali dallo stesso nome15, a riprova del fatto che quei vini non avessero bisogno di alcuna caratterizzazione geografica per essere classificati come tali. Un’ultima considerazione interessante: anche in Dalmazia, seppure in ritardo rispetto alla prima citazione triestina del 182116, il vino si trasforma per adeguarsi alle mode del momento e alle richieste del mercato. Nel 1892 è citato un “prosecco spumante d’Almissa” che “gode fama europea”17 e l’evoluzione del prodotto è confermata anche nella guida in tedesco del 1899 di Reinhard E. Petermann, l’Illustrirter Fürer durch Dalmatien, dove si cita come prodotto di eccellenza di Almissa il “moussierende Prosecco”, ossia la versione spumantizzata accanto al “Moscato Rosa” che conserva invece inalterate le sue caratteristiche: “Allerdings sind die Almissaner Weine, voran der moussierende Prosecco, der nur in dieser Gegend gedeiht, und der durch angenehmen Rosengeschmack ausgezeichnete Moscato Rosa”18. Notizia ripresa anche nella traduzione in francese del 1900 in cui il vino viene propriamente chiamato “Prosecco mousseux”: “le riverains préfèrent cultiver la vigne qui vient à merveille et qui produit deux excellentes espèces de vin: le Prosecco mousseux et le Moscato rosa, ainsi appelé à cause de son fumet rappelant l’odeur de la feuille de rose”19. L’assenza per l’attuale Prošek di riferimenti topografici a una località di origine, vista la dispersione delle attestazioni su di un’area molto vasta e i bizzarri tentativi per cercare di spiegare il significato della parola, riferita al vino, avvalorano l’ipotesi che si tratti, per la Dalmazia, di un termine d’importazione e che il legame con il Prosecco triestino, sulla base delle notizie sopraesposte, non sia assolutamente casuale. Com’è arrivata la moda in Dalmazia? Il riferimento a Venezia appare a questo punto scontato e vista la presenza sul mercato della città lagunare di vini di pregio con questo nome già nel Seicento è sicuramente in questa direzione che converrà rivolgere le indagini future, ancora ben lontane da una conclusione. Appare quindi evidente che anche in Dalmazia, come a Trieste, il metodo di vinificazione di uve raccolte in ritardo desse luogo a un vino di nome Prosecco e che il nome sia sopravvissuto nel tempo a designare ancora oggi nella forma croata Prošek un uvaggio prodotto con acini passiti di vitigni che non si chiamano prosecco o prošek.

NOTE

1 Fulvio Colombo, Prosecco perché? Le nobili origini di un vino triestino, Trieste 2012, pp. 113-116 e p. 128; Id., Prosecco. Patrimonio del Nordest, pp. 123-128.

2 Il rimando alle due opere sopracitate è d’obbligo.

3 Prošek. Autohtono desertno vino Primorske Hrvatske (a cura di Vinko Milat), Zagreb 2007 e i contributi apparsi in rete a partire dalla voce su Wikipedia http://hr.wikipedia.org/wiki/Prošek, non sempre confortati dalla visione della documentazione citata nel testo.

4 Alberto Fortis, Viaggio in Dalmazia, Venezia 1774, II vol., p. 99.

5 Pietro Nutrizio Grisogono, Notizie per servire alla storia naturale della Dalmazia, Treviso 1780, p. 135.

6 Isacco Serravalle, Compendio geografico di commercio, vol. I, Venezia 1817, p. 177.

7 Francesco Maria Appendini, Notizie istorico-critiche sulle antichità storia e letteratura de’ Ragusei, Ragusa 1802-1803, I vol., p. 199.

8 V. Prosecco perché? e Prosecco. Patrimonio del Nordest.

9 John Gardner Wilkinson, Dalmatia and Montenegro: with a journey to Mostar in Herzegovina, Londra 1848, I vol., p. 100.

10 Prosecco perché, pp. 77-81 e Prosecco patrimonio del Nordest, pp. 83-90.

11 Charle Yriarte, Les Bords de l’Adriatique et le Monténégro : Venise, l’Istrie, le Quarnero, la Dalmatie, le Monténégro et la rive italienne, Paris 1878, p. 266.

12 Charle Yriarte, Le rive dell’Adriatico e il Montenegro, Milano 1883, p. 245.

13 Franz Petter, Dalmatien in seine verschiedenen beziehungen, Gotha 1857, vol. 1, pp. 69-70.

14 Wilhelm Hamm, Das Weinbuch. Wesen, Cultur und Wirkung des Weines; Statistik und Charakteristik sämmtlicher Weine der Welt; Behandlung der Weine im Keller, Leipzig 1865, p. 153.

15 L’Amico dei campi, Periodico mensile di agricoltura ed orticoltura della Società Agraria in Trieste, XXIV (1888), 9-10, pp. 125-126 e 138.

16 Prosecco patrimonio del Nordest, pp. 139-141.

17 Giuseppe Modrich, La Dalmazia romana – veneta – moderna. Note e ricordi di viaggio, Torino-Roma 1892, p. 175.

18 Reinhard E. Petermann, Illustrirter Fürer durch Dalmatien, Wien 1899, p. 372.

19 Reinhard E. Petermann, Guide en Dalmatie, Vienne – Paris 1900, p. 191.