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March 28th, 2024
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Osimo, un trattato che fa ancora discutere

Si è svolto a cura dell’associazione Coordinamento Adriatico sabato 6 aprile il convegno “Prima e dopo il Trattato di Osimo: riflessioni” proprio nella località marchigiana in cui nel 1975 Italia e Jugoslavia conclusero una trattativa bilaterale durata oltre vent’anni, ma portata a conclusione al di fuori dei consueti canali diplomatici e con modalità che fanno ancor oggi discutere. Presenti nel pubblico Renzo Codarin (presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia), David Di Paoli Paulovich (presidente dell’Associazione delle Comunità Istriane), Franco Luxardo (presidente dell’Associazione Dalmati Italiani nel Mondo – Libero Comune di Zara in Esilio), ed Antonio Ballarin (presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani, fiumani e dalmati), nonché una rappresentanza della comunità giuliano-dalmata locale ed altri dirigenti e ricercatori dell’associazionismo della diaspora adriatica.

Introducendo l’incontro, il prof. Giuseppe de Vergottini, presidente di Coordinamento Adriatico, ha ricordato l’atteggiamento rinunciatario con cui i governi italiani affrontarono la trattativa sulla sorte del mai costituito Territorio Libero di Trieste, la cui Zona A (Trieste) dal 1954 era amministrata dall’Italia e la B (Capodistria e Buie) dalla Jugoslavia, nonostante una sentenza della Corte Costituzionale del 1964 ritenesse mai cessata la sovranità italiana su entrambe le zone.

La prof.ssa Ida Caracciolo (Università della Campania) ha ripercorso l’iter con cui l’Italia ha mercanteggiato con Belgrado la sorte dei beni abbandonati dagli esuli istriani, fiumani e dalmati: benché tutelati dal Trattato di Pace, essi sono stati usati da Roma per pagare le riparazioni di guerra nei confronti del regime di Josip Broz “Tito” e l’indennizzo nei confronti dei legittimi proprietari non è stato adeguato. Senza dimenticare che nei confronti dei beni abbandonati nella zona B del TLT gli stati successori della Jugoslavia, Slovenia e Croazia, hanno dilazionato tempi e modi del risarcimento senza che l’Italia esprimesse il suo punto di vista.

Ha ampliato tali questioni il prof. Attila Tanzi (Università di Bologna), riscontrando come l’Italia sia addivenuta nel dopoguerra a soluzioni forfettarie con riferimento ai beni abbandonati dai propri cittadini nelle ex colonie e addirittura in Tunisia, mentre con il confinante stato comunista il pieno ristoro non si è concretizzato molto probabilmente causa una partita di giro: crediti e debiti si sono compensati lasciando insoddisfatti coloro i quali si son visti nazionalizzare case, terreni ed attività.

Un interessante excursus storico è stato fornito dal prof. Igor Pellicciari (Università di Urbino), il quale ha evidenziato come alla dissoluzione della Jugoslavia negli anni Novanta abbia corrisposto in Italia per effetto di Mani Pulite un avvicendamento di classe dirigente, la quale non era più interessata la politica estera, ma solo a quella interna. Dopo Gianni De Michelis, insomma, l’Italia non è stata in grado di capitalizzare la potenza commerciale e culturale che esercita nel mondo balcanico, laddove le giovani repubbliche di Lubiana e di Zagabria hanno voluto dimostrare la propria autorevolezza.

Nelle conclusioni del convegno Giuseppe Severini, presidente della Quinta sezione del Consiglio di Stato, ha acutamente notato come il trattato di Osimo abbia rappresentato la tappa finale di un percorso secolare ed una sua ridiscussione una volta implosa la Jugoslavia è stata resa impossibile dalle ingerenze della Germania riunificata che, una volta definito ufficialmente il proprio confine con la Polonia, aveva chiuso le porte alle revisioni confinarie nell’Europa centro-orientale uscita dalla dominazione sovietica.

Davide Rossi (Università di Trieste), ha infine presentato il volume “Quarant’anni da Osimo” (Wolter Kluwer – Cedam, Milano – Padova 2018), che raccoglie gli atti del convegno organizzato da Coordinamento Adriatico presso la Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale ed altri contributi che meglio delineano il profilo storico, politico e giuridico del trattato con cui l’Italia rinunciò in cambio di nulla di concreto alle sue legittime rivendicazioni nei confronti di un lembo d’Istria.

Lorenzo Salimbeni