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Foibe Slovenia Fosse Comuni

La Slovenia sembra dimenticarsi delle vittime di Tito

Slovenia, abolita il 17 maggio scorso la “Giornata nazionale in Ricordo della violenza comunista: una parte delle vittime tornano nell’oblio?!

Tra i primi effetti di questa abolizione notiamo un’ultima proposta della Presidente della Slovenia Nataša Pirc Musar al Presidente Mattarella, affinché il “processo di riconciliazione” preveda ora una visita al Campo di concentramento italiano nell’isola dalmata di Arbe, ma da parte italiana tale proposta andrebbe bilanciata con almeno due visite ufficiali: la prima alla foiba di Pisino in Istria e la seconda all’ex lager jugoslavo di Borovnica in Slovenia.

La recente visita della nuova Presidente della Slovenia al Quirinale

La nuova presidente della Repubblica di Slovenia Nataša Pirc Musar è stata ricevuta il 19 maggio u.s. al Quirinale dal presidente italiano Sergio Mattarella con piena amicizia e spirito di collaborazione europeo. In sostanza, durante l’incontro tra i due presidenti, sono state proposte nuove e interessanti iniziative da intraprendere, ma si è parlato anche del “processo di riconciliazione” in corso tra i due Paesi, che aveva raggiunto momenti solenni a Basovizza il 13 luglio 2020 con l’incontro e il gesto “della mano nella mano” tra il presidente Mattarella e l’ora ex presidente sloveno Borut Pahor, presso i due memoriali presenti in zona.

Al di là di essere pienamente concorde con l’iniziativa di sviluppare sempre più i rapporti di collaborazione economica e culturale con la Slovenia e di conferire maggiori tutele e riconoscimenti alle reciproche minoranze, un fatto, però, lascia perplessi che riguarda il tema storico-culturale. In particolare mi riferisco alla storia più recente del “900 e quindi all’annullamento avvenuto in Slovenia della “Giornata nazionale in ricordo della violenza comunista” che ricorreva ogni 17 maggio. Tale abolizione dichiarata il 18 maggio u.s., stando alle dichiarazioni dell’ex presidente sloveno Borut Pahor e di alcune importanti associazioni slovene contrarie al provvedimento, ha sicuramente aggravato i rapporti politici interni della stessa Slovenia.

Dopo la presidenza di Borut Pahor quale posto hanno oggi in Slovenia le vittime delle foibe e in generale del terrore del regime di Tito?

Sicuramente il mondo associativo degli esuli giuliano-dalmati ha accolto la notizia    dell’abolizione della “Giornata in ricordo della violenza comunista” con grande sconcerto e non poche perplessità, così come alcuni politici italiani, tra i quali ricordo  il senatore Roberto Menia, il senatore Maurizio Gasparri e l’assessore regionale del Friuli Venezia Giulia alle Autonomie locali Pierpaolo Roberti, il quale ha rilasciato in merito alla questione un commento molto chiaro e condivisibile “La decisione del Governo sloveno di cancellare la Giornata nazionale per la memoria delle vittime della violenza comunista è un brutto segnale che riporta indietro le lancette della storia, dando un colpo di spugna morale a chi dei crimini dei comunisti titini, tanto italiani, quanto sloveni e croati, ha patito le atrocità. Da notare che la decisione del nuovo governo sloveno presieduto da Robert Golob ha preceduto di un giorno la visita ufficiale della Presidente della Slovenia Pirc Musar in Italia, la quale durante i vari colloqui ha fatto una proposta al Presidente Mattarella riguardante la “conciliazione tra i due Paesi”, di cui dirò in seguito e che ha bisogno di essere presa in esame non senza contropartita.

Il nuovo corso governativo sloveno in tema di riconciliazione sembra non tenere più in alcun conto nemmeno del principio stabilito il 19 settembre 2019 dalla Risoluzione del Parlamento europeo su “L’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”. Uno dei punti fondamentali della suddetta Risoluzione, a cui il presidente della Società di studi fiumani Giovanni Stelli ha dedicato un lungo e circostanziato articolo sul numero 44 (2021) della Rivista di studi adriatici “FIUME”, riguarda proprio il riconoscimento delle vittime di quei paesi dell’Europa orientale che dopo la Seconda guerra mondiale rimasero assoggettati all’influenza  dell’ Unione Sovietica e vi si instaurarono dei regimi comunisti. La Jugoslavia allora guidata dal dittatore comunista Josip Broz detto Tito, è uno di quei paesi dove alle ingiustizie commesse dai regimi nazisti e fascisti hanno fatto seguito a guerra finita altre forme di ingiustizia organizzata. Nel paese balcanico ebbe luogo, dopo la sconfitta sul campo delle forze nazi-fasciste da parte dell’Armata popolare partigiana una rivoluzione comunista sotto la regia della polizia segreta Ozna (Sezione per la Difesa del Popolo). Tale processo rivoluzionario ha causato decine di migliaia di vittime tramite esecuzioni sommarie nelle foibe, nelle cave di bauxite, nelle miniere, nei vari campi di concentramento e addirittura nel mare. Tra queste vittime liquidate, tra il 1943 e il 1947, sommariamente e senza regolari processi almeno 8.000-10.000 erano italiani, ma oltre 100.000 erano sloveni e croati. L’opera di liquidazione sommaria veniva portata a termine da reparti speciali dell’esercito popolare jugoslavo denominati KNOJ (Corpo di Difesa Popolare Jugoslavo). Si trattava di una sistematica epurazione di massa sancita da uno Stato totalitario. E’ stato finalmente possibile dopo la lunga fine dell’ex Jugoslavia avvenuta tra il 1992 e il 1999, promuovere studi e ricerche dove è stato appurato che la maggior parte degli uccisi non avevano commesso né crimini di guerra né si erano distinti in particolar modo nei sistemi politici fascisti o filo fascisti. Del resto i cosiddetti tribunali popolari, che comunque non garantivano particolari tutele agli accusati, iniziarono a funzionare almeno in Istria o a Fiume solo nel gennaio 1946, quindi a guerra da tempo conclusa.

La proposta di “riconciliazione” della presidente slovena passa per l’ex campo di concentramento italiano di Kampor (isola dalmata di Arbe/Rab – Croazia). E’ sufficiente? 

Ora, si legge dalla stampa nostrana, che durante la visita di Stato a Roma, la presidente slovena per rafforzare il clima di “riconciliazione” si sia fatta portatrice di una proposta, a mio avviso parziale, alla quale la parte italiana deve essere adeguatamente bilanciata per il rispetto della verità storica. Si tratta di organizzare una visita durante il periodo di Gorizia-Nova Gorica capitale europea della cultura 2025, al memoriale presente a Kampor, località dell’isola dalmata di Arbe (Rab-Croazia), dove si trovava l’ex campo di concentramento italiano funzionante dal 1942 al 1943. In tale campo, organizzato e diretto dalle autorità militari italiane di occupazione, perirono per malattie, maltrattamenti e stenti circa 1.200 tra sloveni e croati provenienti dalle zone di guerra. Le cause della morte di così tanti civili sono naturalmente ingiustificabili e vanno più che degnamente ricordate. Tuttavia, tale proposta slovena senza prevedere un corrispettivo potrebbe ben difficilmente essere accolta da parte italiana; difatti il presidente Mattarella, si legge in alcuni giornali, sembra aver ritenuto tale proposta slovena al momento prematura e da ponderare in ogni caso con attenzione. Credo che il nostro presidente, considerata anche l’amicizia con l’ex presidente sloveno Pahor, sia ben conscio e informato delle differenti posizioni assunte recentemente dai nuovi vertici sloveni nei confronti della storia relativa al confine orientale nel secondo conflitto mondiale e soprattutto della posizione assunta oggi dal governo sloveno nei confronti del totalitarismo comunista jugoslavo. Il governo sloveno di Golob abolendo la “Giornata in ricordo della violenza comunista” è sicuramente tornato indietro ben prima del 1989, anno in cui avvenne il crollo del Muro di Berlino e di conseguenza, la riunione delle due Germanie e la fine dei regimi comunisti in Europa orientale.

Commemorare gli eccessi dei totalitarismi per un Europa migliore.

I  regimi totalitaristi del passato sembrano, alla rilettura dei fatti storici, assomigliarsi. Pertanto, senza equiparare i sistemi dittatoriali ma cercando di ripristinare un saggio equilibrio nel valutare il passato “ultra conflittuale” avvenuto nel continente europeo, si potranno creare le condizioni affinché anche nel versante italo-sloveno-croato si organizzino atti di commemorazione eticamente riparatori. Sono operazioni queste che possono preparare il terreno a una valida collaborazione, in grado di consolidare i valori su quali imperniare sempre più la futura cooperazione europea ad ogni livello: politico, economico, culturale e sociale. Pertanto se un giorno si organizzasse la visita dei presidenti italiano, sloveno e croato, al memoriale del campo di Kampor nell’isola di Arbe allora dovrebbe far seguito analoghe visite alla foiba di Pisino d’Istria e al famigerato campo di Borovnica in Slovenia, poiché ambedue i luoghi simboleggiano a dovere le vittime sia delle foibe e sia degli oltre sessanta lager di Tito disseminati in tutta la Jugoslavia di allora, da dove non tornarono più alcune migliaia di italiani e decine di migliaia di sloveni e croati. Solo a queste condizioni è possibile onorare nel nome dei principi di umanità e di pietà cristiana tutte le vittime dell’odio ideologico senza interessate censure e dunque rafforzare il clima positivo di riconciliazione messo in atto alla Foiba di Basovizza il 13 luglio 2020 dai due presidenti Mattarella e Pahor. Non bisogna dimenticare che simili commemorazioni trasmettono forti segnali soprattutto alle giovani generazioni, perché possano rendersi conto dei limiti e dei gravi errori compiuti in passato dai vari Stati europei.

Marino Micich
Direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume (Roma)