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Radio Capodistria Katin Slovena

Una mostra a Capodistria sulle stragi comuniste in Slovenia nel giugno 1945

Allestita presso il Convento Francescano di Capodistria la Mostra curata dallo storico e pubblicista Jože Dežman “La Grotta sotto la Macesnova Gorica-La Katin slovena” che testimonia le esecuzioni sommarie commesse nell’immediato dopoguerra. La mostra è allestita dallo storico che è stato a Capo della Commissione del governo per la questione dei luoghi di sepoltura nascosti, associati a esecuzioni di massa e sepolture clandestine avvenute durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, negli spazi concessi dal Convento francescano.

Gli scavi nella Grotta in questione hanno avuto luogo da aprile e fino a settembre del 2022. Le esecuzioni sono avvenute invece tra il 2 e il 10 di Giugno del 1945. Il tema tuttora tabù della società slovena che continua a dividere le persone e che spesso diventa pure un importante argomento di scontro sul fronte politico tra gli schieramenti che interpretano in maniera contrapposta quanto è accaduto nel dopoguerra sul territorio sloveno è sbarcato pure a Bruxelles. È stata infatti recentemente esposta al Parlamento Europeo, non senza polemiche, sono stati infatti censurati due pannelli, la mostra, che è stata rimossa dal programma del Museo di storia contemporanea della Slovenia in quanto sarebbe inappropriata in termini di contenuti e competenze.

In Belgio, i primi ad aver visto la mostra che mette in luce uno dei più terribili eccidi avvenuti in Slovenia sono stati il Presidente del partito popolare europeo, Manfred Weber e la Presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola, i quali rivolgendosi stupiti all’autore Dežeman si sono chiesti “come sia stato possibile che i resti di queste persone siano state riportate in superficie appena nel 2022”. La mostra è stata inaugurata dall’eurodeputata Romana Tomc, che si e’ occupata anche di portarla a livello Europeo, non a caso e’ stata recentemente accolta dal Parlamento europeo la petizione della Tomc che vuole preservare la memoria delle vittime del periodo comunista del dopoguerra in Slovenia e dare degna sepoltura ai resti delle vittime

Come ha spiegato Dežman “le ricerche che abbiamo svolto hanno confermato che la grotta nei pressi della Macesnova gorica è una fossa comune di Sloveni, è stata effettuata l’escavazione di 3450 assassinati. Questa è la maggiore fossa comune che testimonia il fratricidio sloveno e il più grande assassinio nella storia slovena. La ricerca è stata condotta con estrema precisione e grande impegno, rimuovendo 3000 metri cubi di roccia che è stata minata a metà degli anni 50; hanno praticamente fatto saltare in aria la grotta. Questa ricerca merita anche una presentazione pubblica”.

Chi è stato commettere queste esecuzioni sommarie

“Quindi, entro la fine di maggio vengono restituiti in Slovenia più di 10.000 prigionieri di guerra e qualche centinaio di civili, circa la metà di loro arriva al campo di concentramento di Šentvid nei pressi di Lubiana, nelle sedi dei collegi vescovili. Nei collegi vescovili si presentano o vengono arrestati almeno centinaia di membri della Guardia Nazionale Slovena o Domobranci che non si sono ritirati in Carinzia, questi vengono uccisi nei primi giorni di giugno nella grotta sotto la Macesnova gorica. Uno sloveno uccide uno sloveno. Le unità slovene del KNOJ, il corpo di difesa nazionale partigiano, hanno preso in carico questo lavoro omicida, e le testimonianze dei fuggitivi dalla grotta, così come le rare dichiarazioni delle persone che hanno commesso queste atrocità, ci dimostrano approssimativamente come e cosa è successo. Lo scavo ha rivelato tutto l’orrore degli eventi accaduti nella grotta”.

Poche sono state le persone che sopravvissero, dove hanno vissuto

“Tre, Dejan Kozina e Zajc, che hanno anche pubblicato i loro ricordi, hanno vissuto all’estero, in America. Vesel si è anche salvato, ha vissuto in Slovenia, ma poi è annegato. Janez Janša senior ha vissuto in Slovenia, ha testimoniato anonimamente negli anni ’90. Anche suo figlio Janez ha poi pubblicato i ricordi. Karl Turk si è salvato, ma poi suo padre lo ha denunciato alle autorità ed è stato ucciso. Questi sono le persone che sono riuscite a fuggire dalla grotta”.

Si sta facendo abbastanza in Slovenia per la cosiddetta riconciliazione

“Penso che ci troviamo in una situazione in cui una parte della società slovena cerca di continuare con questa tradizione, ovvero di negare quanto accaduto, dei crimini commessi e in di mantenere cosi in piedi il tabù. Ma questa è una posizione insostenibile, perché, in primo luogo, la verità è nota, in secondo luogo, esiste un pubblico democratico; è impossibile impedire la diffusione delle informazioni, ma la guerra culturale slovena si sta ora intensificando intorno al tema della sepoltura di questi 3450 e altri morti non sepolti, o no. Questa è una situazione che l’Europa ha già notato e stanno arrivando appelli affinché l’attuale società slovena compia questo importante gesto, ma il fatto è che i processi di questa guerra culturale non dipendono da ciò che realizzano gli esperti, nel caso della Macesnova gorica è stato compiuto un eccellente lavoro, così come lo hanno svolto i criminologi sloveni e altri esperto coinvolti, e anche lo stato sloveno, in definitiva. E questo significa che questo processo andrà avanti, e anche la guerra culturale”.

Durante il suo lavoro di ricerca sul campo è stato oggetto di pressioni politiche

“Con l’Istituzione del settore per le tombe e i cimiteri di guerra presso il Ministero della Difesa, la collaborazione è eccellente. Archeologi, antropologi, speleologi e storici hanno fatto un lavoro eccellente. Questo è stato uno scavo in condizioni estreme. C’erano infatti molti ordigni inesplosi, gas provenienti dalla grotta, pericoli di crolli e così via. Ma l’archeologia è questa. Questo è uno dei più grandi successi dell’archeologia slovena, dell’antropologia slovena e credo che i risultati, così come sono presentati, ovvero alla mostra, nel libro e nel film documentario, raggiungeranno il pubblico sperato”.

Da quanto emerge si tratterebbe di un crimine commesso praticamente in tempo di pace

“No, penso che qui dobbiamo essere ragionevoli. Si tratta di un crimine di guerra contro i prigionieri di guerra. È un evento accaduto in tempo di pace, dopo la fine della guerra, quindi questa è la definizione giuridica. Quando ho parlato di fratricidio, è il più grave fratricidio nella storia slovena, cioè si tratta di una presa di potere rivoluzionaria, dell’ultima fase della guerra civile. E ciò che è anche importante è che, indipendentemente da cosa pensiamo di queste persone, è fondamentale sapere chi erano, cosa pensavano, con chi combattessero, per comprendere semplicemente tutte le parti della guerra civile slovena e dare ai morti il diritto a una tomba e a un ricordo. Questo non significa che la discussione pubblica, politica e specialistica su ciò che è realmente accaduto non debba continuare, deve essere fatta ancora molta chiarezza”.

Un’esecuzione su larga scala, insomma senza un processo 

“No, naturalmente non ci sono stati processi. Si tratta di una mortesistematica, Šentvid sopra Lubiana è il peggior campo di concentramento per gli Sloveni considerando tutti e tre i regimi totalitari. Poi ci sono Teharje, i campi nazionalsocialisti e poi l’isola di Arbe fascista. Qui bisogna dire che si tratta di una popolazione maschile. Presumibilmente tutti gli uomini non erano più giovani di 15 anni. Ciò che va oltre il limite del comprensibile sono ad esempio, le 23 protesi trovate, i 5 occhi di vetro, le amputazioni, le ferite, cioè tutto ciò che abbiamo rilevato anche in altri scavi, mi riferisco agli abusi sui feriti e sugli invalidi, le uccisioni e i massacri di persone ferite e degli invalidi; abbiamo anche alcune località dove sono state uccise donne e bambini, soprattutto appartenenti alla popolazione rom, ma anche tra gli Sloveni questi crimini non sono rivoluzionari, avevano uno scopo preciso che sta pian piano venendo a galla”.

Quanto può segnare una persona la ricerca di fatti così terribili

“Si tratta di esperienze che segnano per sempre una persona. Se vuoi affrontare queste cose, devi stabilire un rapporto in cui accetti questi fatti, cercando allo stesso tempo di comprendere con empatia e compassione ciò che è successo. Non sono cose semplici e, in effetti, abbiamo a che fare con una serie di persone che sono cambiate per sempre dopo a esperienze simili. Ci sarebbe da menzionare pure Borut Pahor, provato dopo la sua visita alla Huda Jama; è un peso che va sopportato. O impazzisci o comprendi fino a che punto può arrivare la distruttività umana”.

Dove proseguirà la mostra

La mostra e proiezione del film proseguiranno Nova Gorica, poi è prevista una tappa a Kočevje e una serie di altre tappe a partire dall’autunno, con un programma che include la mostra, la visione del film documentario e la presentazione del sesto rapporto della Commissione”.

Dionizij Botter
Fonte: Radio Capodistria – 22/05/2024