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Venezia Giulia Istria Dalmazia: tremila anni di storia a cura di Carlo Montani

Questo libro è giunto alla quinta edizione in una veste del tutto rinnovata. “Venezia Giulia e Dalmazia: sommario storico”: il volume era uscito con tale titolo nel 1990. Hanno fatto seguito la traduzione in lingua inglese (2001), la terza edizione bilingue con testi a fronte (2002) e la quarta a stampa in forma anastatica (2011).

L’entità geografica della Venezia Giulia, sotto il Regno d’Italia, dal 1918 al 1947, è formata dalle province di Gorizia, inclusa la Valle dell’Isonzo e fino a Circhina e Idria, Trieste fino a Postumia, Pola, comprese le Isole di Cherso e di Lussino e Fiume, da Moschiena fino a Villa del Nevoso (con alcune annessioni dal 1941). Zara con un po’ di entroterra è una exclave del Regno d’Italia dal 1918, anzi dal trattato di pace del 1920, fino all’arrivo dei titini, nel 1943, cui segue l’occupazione nazista e nel 1944 la definitiva invasione iugoslava. Nel periodo 1941-1943 Zara appartiene al Governatorato della Dalmazia del Regno d’Italia, assieme alle province di Spalato e di Cattaro.

Di grande impatto divulgativo e segnato da un profondo spirito patriottico, pur essendo privo di figure, il prodotto culturale di Carlo C. Montani si presenta molto snello nella Prima parte, di 94 pagine. Qui l’Autore è riuscito a suddividere in 18 brevi capitoli circa 3000 anni di storia, di cui c’è un cenno sin dal sottotitolo. Il riferimento va a quelle terre irredente che, nel 1863, Graziadio Isaia Ascoli, glottologo italiano di fama internazionale definiva per la prima volta “Venezia Giulia”. I loro confini sono contenuti, generalmente, tra il Friuli orientale (inclusa la Bisiacaria, ossia parte del Monfalconese), Trieste, l’Istria, le isole del Quarnaro e la città di Fiume, comprendendo perciò le terre site fra Alpi e Prealpi Giulie, Carso, Alpi Dinariche e Alto Adriatico orientale (Golfo di Trieste e Golfo di Fiume). Il celebre linguista goriziano volle contrapporlo al vocabolo Litorale, ideato dalle autorità austriache, nel 1849, per identificare una regione amministrativa più o meno coincidente. La Dalmazia include altri territori irredenti di Zara, Spalato, Sebenico, Traù e varie isole fino alle Bocche del Cattaro. Tutte aree a prevalenza, o di grande presenza di italofoni, assieme al mondo slavo. Nel Novecento tali province sono oggetto di cambi repentini di bandiera e di padrone, passando attraverso certe dittature. Sono pure soggette alle devastazioni delle due guerre mondiali, con tutte le conseguenti ricadute sociali e politiche.

Nella Premessa è lo stesso Autore a ricordare che: “La tragedia di Venezia Giulia, Istria e Dalmazia, parte essenziale del più grande dramma italiano compiutosi nel XX secolo, rende indispensabile fare il punto sulle vicende da cui trasse origine, e sulle loro motivazioni antiche e recenti: non è possibile ignorare il grido di dolore di circa 20 mila Vittime incolpevoli, infoibate o diversamente massacrate durante e dopo l’ultimo conflitto mondiale, al pari di quello dei 350 mila profughi che furono costretti all’abbandono senza ritorno di quanto avevano caro, come la terra, gli affetti, i beni personali e prima ancora, i sepolcri degli Avi, senza dire che secondo alcune fonti le cifre dei Caduti e degli Esuli sarebbero sensibilmente maggiori” (pag. 6). Pur negli alvei della correttezza, ogni storico affronta le varie tematiche con la sua Weltanschauung e pure Carlo C. Montani lo fa. Tuttavia, come il Prof. Augusto Sinagra rileva sin dalle prime battute della Prefazione, l’Autore rivendica, in chiave filosofica, una determinata attendibilità e la necessità di essere fedeli al vero, richiamando “la comune attenzione sulle immortali parole di Tacito, il grande storico latino che aveva affermato come la storia non si possa fare coi sentimenti – scrive Sinagra – da cui deve necessariamente prescindere, perché fonda la propria attendibilità sull’obbligo di professare incorrotta fedeltà al vero. Ne discende l’imperativo di ogni storico degno di questo nome: quello di interpretare i fatti e le loro naturali matrici umane senza amore e senza odio” (p. 11).

In proposito, viene alla mente un racconto di Caterina Percoto, intitolato appunto “Non una sillaba oltre il vero”, pubblicato sul «Giornale di Trieste» nel 1848. Nel caso del Risorgimento, descritto dalla Percoto, esponente della letteratura rusticale ed amica di Nicolò Tommaseo, si tratta di una serie di violenze di rappresaglia degli austro-croati contro le genti friulane per i moti di libertà dall’invasore. Siamo comunque nel campo delle pressioni anti-italiane sulla sponda dell’alto Adriatico.

Nella Seconda parte del volume (di 167 pp.) troviamo una personale antologia di critica storica. Qui gli stessi argomenti vengono ripresi, approfonditi con le citazioni e la bibliografia relativa. A volte si tratta di studi già pubblicati su carta, o nel web dallo stesso Autore. Le fonti di riferimento per tale parte sono: il Consiglio Regionale della Toscana (Firenze); Difesa Adriatica (Roma); L’Esule (Milano); Nuova Antologia (Firenze); Riscossa Adriatica (Firenze); Rivista della Cooperazione Giuridica Internazionale (Roma); Studi in onore di Augusto Sinagra (Roma); Vita Nuova (Trieste) e il sito www.storico.org (Roma).

Nella Terza ed ultima parte si trova un’utile Cronologia (di 100 pp.). Come sottolinea l’Autore, la “prassi di inserire un elenco cronologico dei fatti salienti a fini di consultazione e documentazione è diventata ricorrente sia in buona parte delle opere storiografiche di maggiore impegno, sia in parecchie di quelle a carattere divulgativo, spesso fondate su testimonianze dirette: nell’ambito giuliano-dalmata tale ricorso risulta diffuso anche alla luce di una vicenda collettiva particolarmente articolata e complessa, in specie dall’Ottocento in poi” (p. 265). Sulla questione dell’esodo, delle foibe e del Giorno del Ricordo è proprio la Cronologia finale, aggiornata ai fatti e ai luoghi, con ponderata dovizia di particolari, a fornire una marcia in più all’intero volume.

Tra i tanti argomenti esposti troviamo la fondazione di città sulla costa dalmata per opera di coloni della Magna Grecia sin dal III secolo a.C. e la notevole presenza dell’Antica Roma in Istria, a Fiume (Tarsatica) e in Dalmazia. Seguono le invasioni barbariche e la presenza bizantina. Col VI secolo d.C. iniziano le invasioni slave. In seguito c’è il potere carolingio. È dell’anno 804 il “Placito” di Risano, presso Capodistria; a seguito di una manifestazione di “coraggio civico” destinata ad essere ricordata nei secoli, l’autonomia viene solennemente restituita alle comunità istriane davanti a 172 delegati in rappresentanza di undici città. Il duca Giovanni che aveva governato quale espressione diretta di Carlo Magno e promosso il collocamento di ulteriori coloni slavi in forte contrapposizione alle genti autoctone, è sconfessato ed allontanato. Nei decenni successivi iniziano le scorrerie turchesche in Dalmazia e nascono le alleanze con Venezia nella costa adriatica orientale, tanto che il doge Pietro Orseolo, nell’anno 1000, combatte in difesa delle città istriane ed acquista il titolo di “Dux Dalmatiae”. Nel 1300 Dante Alighieri pone sul Carnaro il confine orientale d’Italia; si tratta di un convincimento che sconta conoscenze e limiti dell’epoca in senso “italico” ignorando la Dalmazia e le Isole, ma sarà motivo di frequente ispirazione sino al terzo millennio.

Col 1420 buona parte della Dalmazia è possesso di Venezia. Ha fine il potere temporale dei Patriarchi di Aquileia: anche Udine e Cividale passano alla Serenissima. Seguono pestilenze, guerre e altalenanti domini diversificati. Nel 1779 Maria Teresa d’Austria trasferisce Fiume all’Ungheria confermando la sua indipendenza dalla Croazia e le riconosce la prerogativa di “Corpus separatum”.

Il 17 ottobre 1797 si stipula il Trattato di Campoformido. I territori della Serenissima vengono ceduti all’Austria che in cambio riconosce la Repubblica Cisalpina. Inizia il dominio austriaco in Friuli e nel Veneto mentre l’esercito napoleonico occupa Trieste. A Perasto (odierno Montenegro), veneziana dal 1420, l’ultimo vessillo della Repubblica di Venezia viene ammainato nella commozione generale e sepolto sotto l’altare maggiore del Duomo. Il Capitano Giuseppe Viscovich pronuncia la celebre allocuzione di commiato che resterà esempio imperituro della fedeltà dalmata alla Serenissima, ripreso nel Risorgimento e nell’Impresa fiumana di Gabriele d’Annunzio. “Ti con nu, nu con ti” (Tu con noi, noi con te).

Per Istria, Fiume e Dalmazia segue un fugace dominio napoleonico, prima facendo parte del Regno d’Italia del Viceré Eugenio di Beauharnais e, poi, delle Provincie Illiriche dell’Impero francese (1809-1813). Col Congresso di Vienna (1815) tutto passa sotto l’Austria fino alla Grande Guerra. Nel 1831 lo Statuto della “Giovine Italia” dichiara l’italianità della Venezia Giulia. Seguono le tre guerre d’indipendenza italiane (1848, 1859, 1866) e si sviluppa l’Irredentismo italiano nella Venezia Giulia, in Istria e Dalmazia, con conseguente snazionalizzazione da parte dell’autorità austriaca a favore degli slavi, cui partecipa il clero slavo, che nei registri battesimali slavizza i cognomi, contro il volere di genitori e padrini di sentimenti italiani.

Nel Novecento spiccano le due guerre mondiali e l’impresa dannunziana di Fiume, come dai libri di testo per le scuole, che poco trattano delle uccisioni titine nelle foibe, della strage parimenti titina di Vergarolla (18 agosto 1946) e dell’esodo giuliano dalmata di 350mila persone. Col Trattato di pace del 10 febbraio 1947 la Jugoslavia si annette Istria, Fiume e Dalmazia. Trieste fa parte della Zona A del Territorio Libero di Trieste fino al 1954, quando tornerà all’Italia, mentre la Zona B, da Capodistria a Cittanova passa sotto i carri armati titini. Le manifestazioni anti-iugoslave di Trieste dei primi anni ‘50 culminano nell’eccidio compiuto dalla polizia del Governo Militare Alleato nel novembre 1953, che provoca sette Vittime definite quali “ultimi Caduti del Risorgimento italiano”. I confini tra Italia e Jugoslavia vengono stabiliti nel 1975 col Trattato di Osimo. Dal 1991 si disgrega lo stato di Tito in varie entità con le guerre conseguenti. Non si poteva in queste righe riportare altro, se non alcune delle tappe cronologiche del confine orientale, ben approfondite nel volume.

Nella vasta Bibliografia (di 22 pp.) trovano spazio perfino i più recalcitranti negazionisti, peraltro in fase di trasformazione per non perdere del tutto la faccia e i pubblici finanziamenti, in un coacervo di riduzionisti e giustificazionisti. Consola il fatto che pure la recente letteratura internazionale stia orientando le proprie ricerche sulla storia trascurata nei decenni passati. Si pensi al libro di Ljubinka Toševa Karpovicz, studiosa croata, intitolato non a caso “Rijeka / Fiume (1868-1924)”, od “Autonomije do Države (Fiume 1868-1924: dall’Autonomia allo Stato) edito nel 2021 e all’opera di Dominique Kirchner Reill, ricercatrice statunitense, che ha dato alle stampe “The Fiume crisis: life in the wake of the Absburg Empire” (La crisi di Fiume: vita sulla scia dell’Impero asburgico). Tanto per dire che è difficile far scomparire la parola “Fiume” dai titoli dei libri di storia.

In tutta sintesi, sembra di poter affermare che il libro di Carlo C. Montani sarà un toccasana per il lettore a digiuno di storia dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia: è come un Bignami massimizzato.

Infine, per concludere con una pertinente citazione “ad hoc” mutuata da un celebre scrittore europeo, e riferibile anche ai giuliani, istriani e dalmati, vorrei dire che “nella loro bellezza rassegnata di tristi esuli in questo mondo volgare, si potevano leggere le emozioni con altrettanta chiarezza che in uno sguardo espressivo” (Marcel Proust, Le Mystérieux correspondant, 1896, traduzione italiana, Garzanti, 2021).

Il libro recensito

Carlo Cesare Montani, Venezia Giulia – Istria – Dalmazia: pensiero e vita morale. Tremila anni di storia – Antologia critica – Cronologia, Udine, Aviani & Aviani, 2021, pp. 416. ISBN: 978-88-7772-319-2

Recensione di Elio Varutti, docente di “Sociologia del ricordo. Esodo giuliano dalmata” all’Università della Terza Età di Udine. Membro del Comitato Esecutivo dell’ANVGD di Udine, Sede dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine: Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine.  – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30

Fonte: Elio Varutti – 25/10/2021