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Discorso della Presidente del Senato Casellati per il Giorno del Ricordo

Discorso pronunciato nell’Aula di Palazzo Madama il 10 Febbraio 2020 in occasione della Celebrazione del Giorno del Ricordo dal Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati.

Presidente Fico,
Presidente Conte,
Signori Ministri, Cari Parlamentari,
Autorità,
signore e signori,
Care ragazze e cari ragazzi,
​è con emozione e con forte senso di responsabilità che inauguro questa celebrazione del Giorno del Ricordo, una solennità dedicata alla commemorazione di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata.

​Il novecento è stato, purtroppo, il secolo delle atrocità, delle guerre, dell’odio razziale, degli stermìni di massa.
​Gli uomini si sono macchiati di violenze che mai avrebbero potuto essere immaginate, accecati dalle diversità, dalle ideologie, dalle differenti appartenenze etniche, sociali, culturali o nazionali.
​In questo scenario, il dramma delle Foibe assume i contorni di un genocidio di ferocia inaudita, inaccettabile, ingiustificabile.
​Dopo le prime esecuzioni, risalenti ai giorni immediatamente successivi all’otto settembre del 1943, si susseguirono gli eccidi, le deportazioni, i soprusi.

​Episodi che proseguirono anche dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, potendo quindi essere considerate le più gravi stragi di italiani compiute in tempo di pace.
​La storiografia è ormai concorde nel giudicare tali fatti parte integrante di una strategia pianificata, che aveva come elemento principale l’eliminazione degli italiani.
​Molteplici ne erano le cause: appropriarsi dei loro beni; impedirgli di svolgere un’azione politica contro l’insediamento della dittatura comunista di matrice titina; non avere testimoni in vita su quanto stava accadendo.

​È in questo clima che gli italiani di Istria, di Dalmazia, di Fiume, furono costretti a fuggire in centinaia di migliaia, abbandonando le loro case e ammassando sui carri trainati dai cavalli le poche masserizie che potevano portare con sé.
​La paura degli apparati jugoslavi, l’ostilità di alcune parti delle popolazioni residenti, la mancanza di adeguata attenzione da parte delle autorità italiane e degli organismi internazionali che avrebbero dovuto vigilare sulle intese raggiunte, fecero proseguire tale esodo fino a tutti gli anni cinquanta.​
​Il censimento effettuato dalla Jugoslavia nel 1971, parla di 17mila italiani residenti in Istria e nel Quarnaro, contro gli oltre 430mila abitanti registrati solo tre decenni prima.
​Moltissimi furono gli esuli che dovettero emigrare dall’altra parte del mondo alla ricerca di una nuova patria: Sud America, Australia, Canada, Stati Uniti.
​Nel nostro Paese la maggior parte degli esuli furono accolti al Nord, altri scelsero di vivere nelle grandi città o in comunità costruite appositamente per loro.
​L’accoglienza di questi profughi – in un’Italia ancora dominata dalle ideologie – non fu sempre positiva.
​Non mancarono gli episodi drammatici.

​Tra questi, vorrei ricordare oggi il cosiddetto ‘treno della vergogna’: un convoglio ferroviario che, nel 1947, trasportava gli esuli che da Pola avevano raggiunto Ancona.
​Alla stazione centrale di Bologna, dove la Pontificia Opera di Assistenza e la Croce Rossa avevano predisposto piatti caldi per bambini e anziani, i passeggeri furono insultati e aggrediti dai militanti comunisti e dai ferrovieri sindacalizzati che non volevano far mangiare i “fascisti” a bordo.
​I profughi, in realtà, erano semplici operai e contadini, che non avevano nulla a che vedere con il precedente regime.
​Eppure la furia cieca dei contestatori li portò a rovesciare lungo i binari il latte caldo che le associazioni umanitarie avevano preparato per rifocillare i tanti bambini presenti.
​Bambini che non mangiavano da giorni e che, stipati al gelo, rischiavano la disidratazione e speravano, forse, solo di trovare un po’ di solidarietà.
​A lasciare l’Istria e la Dalmazia non erano stati gli italiani di un particolare colore politico, ma un’intera popolazione spaventata da tanta violenza e dagli omicidi quotidiani.

​All’odio politico-ideologico subentrò ben presto la pulizia etnica.
​E alla pulizia etnica seguì una – oggi incomprensibile -, contrapposizione ideologica.
​Per decenni il peso della memoria ricadde infatti quasi esclusivamente sugli esuli, le loro famiglie, le loro benemerite associazioni.
​Ci fu – ritengo doveroso sottolinearlo – un silenzio assordante da troppe parti: istituzioni, società civile, intellettuali, organi di informazione.

​Per troppi anni c’è stata una sorta di guerra civile culturale, combattuta per le stesse ragioni ideologiche che oggi fortunatamente si riscontrano in pochi e isolati casi.
​Una guerra che, con la scusa di tener testa ad una non meglio identificata propaganda reazionaria, diede vita ad un negazionismo antistorico, anti-italiano e anti-umano.
​Sulle vicende del confine orientale cadde un vero e proprio oblio che solo in anni recenti – anche grazie al coraggio e alla lungimiranza dei Presidenti della Repubblica succedutisi – è stato spazzato via dalla verità, dalla storia, dalla memoria.

​Ed è proprio sulla memoria delle tragedie dello scorso secolo che si basano e trovano forza e legittimazione le nostre Istituzioni repubblicane – a partire da quest’Aula così come dalla Camera dei Deputati -, vero baluardo democratico rispetto al rischio che l’odio o le discriminazioni razziali possano tornare.
​E allora ricordare le Foibe; ricordare le decine di migliaia di vittime; ricordare l’esodo e la tragedia di centinaia di migliaia di italiani cacciati dalle proprie terre, rappresenta un insegnamento fondamentale da trasmettere alle future generazioni.

​Sono quindi lieta che, anche grazie all’iniziativa di oggi, con tante scuole presenti, si possa contribuire a fornire agli studenti l’opportunità di approfondire una pagina di storia ancora poco conosciuta, anche perché per anni è stata assente dai testi scolastici.
​Ricordare è un imperativo morale.
​Ricordare sempre, ricordare tutto.
​È solo dalla conoscenza storica che può nascere e irrobustirsi il dialogo tra i popoli europei; quel dialogo che negli ultimi anni ha sancito importanti momenti di condivisione e di reciproca amicizia con le autorità croate e slovene.
​So che le premiazioni che tra poco coinvolgeranno le scuole arrivate da tutta Italia – grazie ad un meritorio progetto del Ministero dell’istruzione – riguarderanno anche personaggi illustri del mondo giuliano-dalmata in ambito artistico, culturale, sportivo.
​Sono quindi certa che avremo la possibilità di ascoltare e conoscere meglio tanti nomi che hanno dato lustro all’intera Nazione, portatori di quella voglia d’Italia che li ha sempre caratterizzati e che li ha sempre resi un po’ speciali.
​Grazie a tutti.

Fonte: Senato della Repubblica