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April 27th, 2024
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Foibe e uso pubblico della storia

Le polemiche strumentali non aiutano a costruire un ponte tra passato e presente europeo.

Proseguono con nuovi protagonisti le esternazioni sul dramma delle foibe giuliane, che spesso giungono a voler letteralmente abolire la legge 92/2004. Su quale attinenza bizzarra ci sia per voler ribaltare un voto quasi unanime del parlamento italiano a favore di una legge, che ha inteso collegare la memoria degli esuli giuliano-dalmati con la storia nazionale ed europea, non intendo soffermarmi in questa sede. Ovviamente tale legge, che ha istituito il Giorno del Ricordo delle sofferenze vissute dalle popolazioni italiane dell’Istria, Fiume e Dalmazia non può né deve essere abolita in base alle ultime richieste fatte dal prof. Tomaso Montanari o da Alessandro Barbero.
Il gruppo di storici, Eric GOBETTI, Tomaso MONTANARI, Alessandro BARBERO, Giampaolo D’ORSI, Claudia CERNIGOJ, Alessandra KERSEVAN, Sandi VOLK, Giacomo SCOTTI e pochi altri,  colgono sostanzialmente, nell’opera della repressione comunista jugoslava culminata negli eccidi di massa delle FOIBE giuliane, solo un elemento del contesto storico, cioè il FASCISMO e la sua politica repressiva. Una repressione iniziata dal 1922 ma che, andrebbe aggiunto, trascese  drammaticamente proprio in tempo di guerra colpendo i partigiani jugoslavi di Tito e quella parte della popolazione slovena e croata che appoggiava il Movimento popolare di liberazione jugoslavo. Violenza contro violenza esasperatasi in maniera esponenziale nel vortice bellico. Da parte di questi storici e da altri loro epigoni le FOIBE vengono considerate un trascurabile episodio finale, certamente complesso ed efferato, della lunga lotta di liberazione dal nazifascismo. Si direbbe quindi una SEMPLICE RESA DI CONTI. Essi pur non tacendo il fenomeno repressivo condotto contro elementi italiani militarizzati e civili dalla polizia segreta jugoslava dell’OZNA (Sezione per la difesa del popolo), danno la netta impressione che l’azione del regime comunista jugoslavo sia stata, tutto sommato, un INCIDENTE DI PERCORSO. Per essi le stragi delle foibe sono, fondamentalmente, un ELEMENTO ACCIDENTALE e non di sostanza. Tali valutazioni portano i suddetti storici anche alla riduzione delle vittime accertate e presunte, dai circa 10.000 individui a poco meno di 5.000. Ma, va sottolineato, che tali affermazioni non si basano per nulla su risultati di ricerche storiche definitive. La ricerca deve essere ancora fatta per bene, anche se dopo 75 anni da quegli accadimenti non appare un compito semplice. Sono in ogni caso dichiarazioni numeriche che puntano al ribasso e quindi, aggiunte ad altre  considerazioni giustificazioniste, portano a sminuire la gravità delle epurazioni ordinate dai vertici dei comunisti jugoslavi.
Spesso nelle dichiarazioni a mezzo stampa di Gobetti o di Montanari si sottace il fatto che le uccisioni nelle foibe e nei lager jugoslavi siano avvenute in massima parte a guerra finita. Inoltre, non dicono i suddetti storici che le vittime delle foibe italiane vanno sommate alle oltre 150.000 vittime slovene, croate, serbe… causate dal regime di Tito, con l’accusa generale di “nemici del popolo”. Solo tenendo conto di queste cifre appare più chiara la dimensione del fenomeno liquidatorio di massa del regime comunista jugoslavo. Tutto questo avveniva durante il secondo semestre del 1945 e in parte nel 1946.
In pratica la politica di stabilizzazione della nuova dittatura jugoslava, attuata  per anni e anni con metodi stalinisti prevedeva: stragi di massa, deportazioni, rieducazione coatta nel campi di lavoro, confische dei beni e altre misure repressive e antidemocratiche come proibire il pluripartitismo, la libertà di stampa e di opinione, ecc. ecc. Tutti questi fatti rimangono relegati su uno sfondo storico sfumato  e non ricordato a dovere nelle esternazioni di Montanari, Gobetti e altri. Sono per loro fatti accessori, secondari. Eppure, ampliare l’obiettivo, aiuterebbe a far comprendere meglio le foibe e in definitiva anche il lungo esodo dei 300.000 giuliano dalmati avvenuto dal 1944 fino al 1958, causato soprattutto dalla politica liberticida del regime comunista jugoslavo.
È chiaro che tutte queste tragedie vanno studiate ricordando e contestualizzando le altre tragedie, ma non con uno scopo giustificatorio bensì di condanna di ogni forma di eccesso e di prevaricazione. Questo atto almeno le vittime civili lo meriterebbero. È anche vero che le forze che combattevano il fascismo e il nazismo lo facevano in nome delle libertà democratiche; questo agire rappresenta indubbiamente un merito storico. Ma quegli Stati, come quello jugoslavo, che poi alla fine della guerra hanno ripudiato i valori di libertà e di democrazia imponendo nuove sanguinarie dittature per decenni, non sono esempi da porre in luce positiva per le generazioni future solo per aver vinto la guerra contro gli italiani, i tedeschi e i loro collaboratori. Tito e altri dittatori comunisti dopo il merito si sono guadagnati il demerito. Questa è un’ affermazione di carattere morale non storica, che però ritengo giusto rimarcare in questa sede.
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EVITARE L”ERRORE DI ERIGERE NUOVI MURI
Appare chiaro a questo punto che i suddetti storici nel criticare la legge 92/2004 e quindi appellandosi a un deleterio “uso pubblico della storia” incorrono nell’ ERRORE di quegli storici che, narrando le Foibe, non prendono in debita considerazione le responsabilità o meglio le vittime provocate in quel contesto territoriale dai sistemi fascista e nazista. In ogni caso, farsi i promotori di abolire la legge del Giorno del Ricordo dopo circa quindici anni dalla sua promulgazione, risulta un” operazione politica assai debole e non condivisibile. Risulta, in ogni caso, un’ offesa gratuita alla comunità giuliano-dalmata e alle vittime civili di quel tormentato periodo.
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IL PREGIO DI AUTORI come Raoul PUPO, Gianni OLIVA, Marina CATTARUZZA, Guido RUMICI, Giovanni STELLI, Amleto BALLARINI, Roberto SPAZZALI, Fulvio SALIMBENI e altri.
Da questo contesto dialettico spesso eccessivamente polemico fuoriesce, a mio avviso, qualcosa di positivo costituito dall’opera svolta sui temi complessi delle terre giuliane da storici affermati come Raoul Pupo, Gianni Oliva, Guido Rumici, Marina Cattaruzza, Giovanni Stelli, Roberto Spazzali, Fulvio Salimbeni  insieme ad Amleto Ballarini e Mihael Sobolevski autori di un’ opera bilingue, italiano e croato, sulle vittime italiane a Fiume e dintorni (1939-1947). Ci sono poi altri autori sul tema delle foibe che meriterebbero più attenzione: Lucio Toth, Giuseppina Mellace, Vincenzo de Luca e Gaetano La Perna, in quanto apportatori di utili informazioni e testimonianze. Il pregio di questi autori sta nel raccontare, con l’ ausilio di una sostanziosa documentazione, la storia delle repressioni e stragi avvenute in Venezia Giulia e Dalmazia senza omissioni o semplificazioni ad uso ideologico, contestualizzandole sapientemente in un periodo più lungo. Trattasi di un metodo storico-scientifico non solo più lineare, ma capace per l’equilibrio delle argomentazioni espresse di sviluppare una sorta di MEDIAZIONE CULTURALE, che col tempo potrà sempre più  rafforzare le basi di un DIALOGO DEMOCRATICO E COSTRUTTIVO. Un dialogo foriero di nuove ricerche e studi sui drammi e tragedie di un Novecento che ancora non passa. In conclusione, solo seguendo la via dialogante tracciata da questi studiosi, si potrà sempre più coinvolgere la controparte slovena e croata e dare concreta sostanza all’ultima cerimonia dei presidenti Mattarella e Pahor avvenuta Basovizza, dedicata in ricordo di tutte le vittime delle dittature e dei totalitarismi del XX secolo in quei territori.
Marino Micich 
Direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume (Roma)